Il tecno-entusiasmo non contagia gli italiani che, di fronte alla diffusione dell’intelligenza artificiale e delle sue applicazioni, si rifugiano in un sano pragmatismo.
Secondo i dati Coldiretti/Censis, l’86% ritiene che sia sempre necessario valutare benefici e costi di una tecnologia su qualità della vita, condizioni di lavoro e tutela dell’ambiente.
Al tema è stato dedicato un panel del XXIII Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, dove si è svolta un’intervista originale condotta da Felice Adinolfi, direttore del Centro Studi Divulga e professore di Economia all’Università di Bologna, e da Massimo Cerofolini di Radio Rai, a Marco Nakamura, italo-giapponese, docente di Etica delle Tecnologie Cognitive. All’esperto sono state poste domande sul funzionamento dell’IA e sulle prospettive di evoluzione del suo utilizzo in rapporto all’uomo.
Nakamura considera l’intelligenza artificiale uno strumento per ampliare le capacità umane, a patto che resti sotto il controllo dell’uomo. Ritiene che il vero rischio non sia la tecnologia in sé, ma la mancanza di governance e di cultura critica. Alla fine dell’intervista è stato rivelato che Nakamura era in realtà un avatar realizzato dall’intelligenza artificiale.
“Quello che colpisce è che circa il 30% delle domande di lavoro oggi riguarda profili legati a settori come la finanza o la progettazione, che fino a poco tempo fa sembravano in declino: i cosiddetti profili curriculari tradizionali. Molti di questi lavori oggi vengono svolti dalle macchine, non più dalle persone. Se certe mansioni non servono più, significa che non abbiamo più bisogno di figure junior? E se non ci sono gli junior chi saranno i futuri senior? Alcuni di loro potranno evolversi, certo, ma è una domanda che dobbiamo porci seriamente”, ha sottolineato Felice Adinolfi.
Le perplessità degli italiani si estendono anche all’ambiente. Il 67% dei cittadini ritiene necessario monitorare attentamente l’impatto energetico e idrico dei server e delle infrastrutture digitali. La vera domanda etica, dunque, non è se l’IA sia pericolosa, ma se l’uomo saprà governarla con la stessa intelligenza con cui l’ha creata.
Anche il cibo sintetico da laboratorio suscita contrarietà, visto come una minaccia per la salute e per la libertà alimentare, con il rischio di creare nuove forme di controllo sulla produzione e commercializzazione del cibo. Tuttavia, esistono tecnologie “buone” che aumentano la produttività alimentare e riducono gli sprechi, promosse dal 70% degli italiani secondo Coldiretti/Censis.
Le nuove tecniche di agricoltura 4.0 e 5.0 permettono di ottimizzare l’uso delle risorse e migliorare l’efficienza delle operazioni, riducendo i consumi energetici grazie al precision farming. Secondo l’analisi Coldiretti sugli ultimi dati Smart Agrifood, gli investimenti nel settore valgono circa 2,3 miliardi di euro, con oltre 1 milione di ettari già digitalizzati (9,5% del totale).
Questa rivoluzione tecnologica offre anche opportunità di lavoro, creando una nuova generazione di professionisti. Coldiretti stima che nei prossimi anni saranno necessarie almeno 5.000 nuove posizioni per accompagnare la digitalizzazione del settore. Un sostegno efficace viene da piattaforme come Demetra, sul Portale del Socio Coldiretti, che consente la gestione online dell’azienda agricola anche da smartphone. Con Coldiretti Next è stato avviato un Polo Digitale nell’ambito del PNRR, con il primo grande censimento sul livello di digitalizzazione delle imprese agricole italiane, coinvolgendo circa 10.000 aziende.
“Il progresso tecnologico è motore di sviluppo, ma quando le macchine iniziano ad agire autonomamente per raggiungere obiettivi propri, si rischia di separare il progresso tecnico da quello umano. Il rischio è l’affermarsi di una fiducia cieca nella tecnologia e in chi la controlla, con una crescente deresponsabilizzazione dell’uomo di fronte alle sfide future. Non possiamo permettere che il cosiddetto ‘suprematismo tecnologico’ superi i limiti dell’accettabilità morale e sociale. Delegare le scelte sul futuro ai proprietari delle tecnologie significa rinunciare al confronto politico e accettare soluzioni che ignorano la complessità storica, culturale e sociale dei problemi”, sottolinea Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti.








