“Il tratto più preoccupante nei prossimi anni è il forte ridimensionamento della popolazione in età da lavoro. Se non vi saranno cambiamenti significativi, questo ridimensionamento è destinato a riflettersi in una diminuzione del prodotto del Paese, rendendo più difficile mantenere il tenore di vita sin qui acquisito”.
Lo ha detto Andrea Brandolini, vice capo Dipartimento Economia e Statistica di Bankitalia, in audizione in Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica.
“Molti andamenti demografici non possono più essere modificati in modo sostanziale, ma ciò non significa che traccino un destino inevitabile per l’economia – ha aggiunto – La riduzione della disponibilità di lavoro implicita nei trend demografici può essere contrastata in vari modi: aumentando la partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto di donne e giovani, ancora molto bassa nel confronto internazionale; garantendo flussi migratori regolari e assicurando nel contempo che gli stranieri che sono e che arriveranno nel Paese possano integrarsi pienamente; facilitando la partecipazione al lavoro anche in età più avanzate, grazie alle migliori condizioni di salute; sfruttando le possibilità di crescita della produttività che offrono le nuove tecnologie”.
“Politiche volte a conciliare lavoro e genitorialità, centrate più sull’offerta di servizi che sui trasferimenti monetari, possono aiutare ad avvicinare la fecondità a quella desiderata dalla maggior parte delle coppie. Al contempo – ha detto ancora Brandolini – l’invecchiamento della popolazione crea nuove esigenze di cura e assistenza e richiede un ripensamento della spesa pubblica rivolta agli anziani non autosufficienti. Pur mantenendo una politica di bilancio prudente, le politiche pubbliche possono svolgere un ruolo fondamentale. È importante che gli interventi nei vari campi siano tra loro coordinati, coerenti e stabili nel tempo”.
-900MILA PERSONE AL SUD IN ULTIMI DUE DECENNI
Nelle regioni meridionali alla riduzione della natalità si aggiunge un consistente deflusso di popolazione giovanile verso le regioni centro-settentrionali. Negli ultimi due decenni le migrazioni interne hanno ridotto la popolazione del Mezzogiorno di oltre 900 mila persone, per più del 70% giovani fra i 15 e i 34 anni e per quasi un terzo laureate. Gli afflussi netti dall’estero non sono stati sufficienti a controbilanciare le migrazioni interne, segnalando come il Mezzogiorno sia una destinazione scarsamente attrattiva anche per gli stranieri.
“Si prevede che tali tendenze si aggraveranno ulteriormente. Secondo lo scenario mediano dell’Istat – ha aggiunto – nei prossimi venticinque anni la popolazione residente nel Mezzogiorno si ridurrà di un sesto (da 19,7 a 16,4 milioni di persone). Dalla seconda metà del prossimo decennio, l’età media supererà per la prima volta quella delle regioni centro-settentrionali; il rapporto fra il numero degli ultrasessantacinquenni e quello dei bambini con meno di 14 anni crescerà in misura sostenuta, portandosi su livelli più alti di quasi un quinto rispetto al resto del Paese. Entro i prossimi venticinque anni, l’emigrazione netta verso le regioni centro-settentrionali sarà pari a quasi 1,1 milioni di residenti e determinerà oltre un terzo del calo della popolazione del Mezzogiorno”.
ITALIA SPENDE PIÙ PER PENSIONI E MENO PER SANITÀ IN AREA EURO
“Tra i principali paesi dell’area dell’euro, l’Italia è quello che oggi spende di più per pensioni (cinque punti di Pil più della Germania, due della Spagna, uno della Francia). Viceversa per la sanità e per l’assistenza di lungo termine destina meno risorse sia della Germania sia della Francia. Gli oneri complessivi per la sanità sono pari attualmente a poco più del 6% del Pil”.
FABBISOGNO MEDICI PARI AL 30% ATTUALE ORGANICO IN PROSSIMO DECENNIO
“In prospettiva, il Servizio sanitario nazionale dovrà far fronte alla fuoriuscita per pensionamento di una quota rilevante del personale allo stesso tempo in cui l’invecchiamento della popolazione genererà una domanda crescente per i suoi servizi. Nel prossimo decennio il turnover del personale e il potenziamento dell’assistenza territoriale previsto dal Pnrr genereranno un fabbisogno di medici, compresi i medici di base e i pediatri, pari al 30% dell’attuale organico e di infermieri pari al 14%. Queste dinamiche sono ancora più pronunciate nel Mezzogiorno”.
“Si stima che nei prossimi dieci anni si pensioneranno più di 27.000 medici, oltre 24.000 infermieri e altrettanti addetti del ruolo tecnico e 28.000 fra medici e pediatri di base. La piena attuazione delle misure del Pnrr – ha concluso – potrebbe richiedere almeno 19.600 infermieri e 6.300 operatori socio sanitari, perlopiù addizionali rispetto alla dotazione attuale”.








