Su Mps tornano a farsi piu’ nette le voci di una sistemazione da parte del governo con un piano che prevederebbe una separazione delle attivita’ tra piu’ soggetti acquirenti, non solo Unicredit ma anche un eventuale partecipazione di Mcc per rilevare alcune filiali del Sud.
Unicredit – la banca con cui sono intavolate trattative ufficiose da parte del Tesoro, azionista al 64% di Mps – prenderebbe la parte piu’ consistente di Siena, ovvero l’area toscana e del centro-Italia e il nordest.
Secondo alcune indiscrezioni di fonti a conoscenza del dossier, il Tesoro vorrebbe arrivare a impostare un’operazione prima dei risultati degli stress test, attesi entro fine luglio.
Restano tuttavia ancora diversi nodi da chiarire. C’e’ innanzitutto il tema della dote fiscale a favore di Unicredit.
Attualmente per poter godere dei vantaggi previsti dalla trasformazione delle cosiddette “dta” in crediti fiscali (pari oggi a 2 miliardi per Mps), bisogna prendere il controllo della banca entro dicembre e arrivare alla fusione entro giugno 2022.
In discussione nel Decreto Legge Sostegni bis c’e’ un allungamento dei termini e del bonus fiscale nonche’ l’uso questi benefici non una volta sola ma per tutte le fusioni effettuate nel periodo di tempo coperto dalla legge. Sarebbe un modo, secondo gli osservatori, per consentire alla banca guidata da Andrea Orcel di rilevare sia Mps sia eventualmente anche Banco Bpm.
Ma non e’ ancora detto che la norma resti nel testo che sara’ portato domani in consiglio dei ministri: la Lega lo vorrebbe stralciare. Il tavolo e’ ancora aperto.
C’e’ poi il tema delle cause legali: il nuovo fronte giudiziario che si e’ riacutizzato a Milano dopo la perizia degli esperti del gup Guido Salvini secondo i quali B.Mps avrebbe ritardato l’iscrizione di npl per 11,6 miliardi rischia di essere una nuova tegola per il patrimonio della banca. Per questo da piu’ parti si torna a parlare della necessita’ di circoscriverle – le forme tecniche sono gia’ state individuate – e di chiudere una transazione con la Fondazione Mps, il cui petitum vale 3,8 miliardi sui 10 attualmente pendenti.
“La spinta che il governo Draghi sta dando a fusioni e aggregazioni bancarie – dice Stefano Caselli, pro rettore dell’Università Bocconi – sta andando al di là del tentativo di risolvere il problema Mps perché rappresenta un obiettivo politico in linea con l’indirizzo europeo. Il momento di muoversi è adesso perché gli investitori internazionali stanno tornando a rivolgere l’attenzione nei confronti dei gruppi finanziari e quelli del nostro paese sono solidi. Non sbaglia chi pensa che una stagione europea di aggregazioni bancarie possa partire dall’Italia”.
Caselli, però, in un colloquio con il quotidiano Il Foglio dice di non credere che un tale processo possa spingersi fino al punto di favorire un matrimonio tra Unicredit e Mediobanca.
“Sul mercato saranno vincenti gli operatori specializzati, e Mediobanca lo è come banca d’investimenti, o quelli che sapranno guardare a una dimensione europea e immagino sia l’obiettivo a cui Unicredit punti con una guida come Andrea Orcel. Ed è senz’altro il ruolo che potrebbe giocare un grande gruppo come Generali”.
L’Italia può dominare il risiko europeo e anche per questo il governo è disposto a sostenere le fusioni bancarie con incentivi fiscali che si calcola potrebbero avere un impatto di 7-8 miliardi sul settore. Ovviamente, nella partita deve rientrare Mps per la quale si sta profilando la soluzione spezzatino con una parte degli asset, quelli toscani, che andrebbero a Unicredit e la restante parte che resterebbe nell’orbita del Mediocredito centrale, quindi dello stato. Una privatizzazione a metà, ma digeribile dal momento, conclude Caselli, che “rientra in uno scenario più ampio di potenziamento del sistema finanziario dell’Italia nell’anno del Recovery plan”.








