Nei progetti iniziali, il bitcoin era nato come valuta alternativa, ma la sua volatilità intrinseca non ha consentito che divenisse strumento di scambio, ancorché peculiare.
Diverso quindi – e più ampio – è il tema degli asset cripto come strumenti di pagamento. Se tutte le cripto stile bitcoin servono a poco per saldare transazioni, l’innovazione ha sviluppato alternative variegate: le cosiddette stablecoin, le valute digitali di banca centrale (come l’euro digitale) e i token di depositi bancari (EMT).
È chiaro che disporre di uno strumento di pagamento (la valuta digitale) totalmente non fisico, operante in tempo reale e a costo zero è una sorta di sogno prometeico del terzo millennio. Infatti, il contante costa, eccome se costa: dalla produzione allo stoccaggio sino al timore di smarrimento.
Stiamo arrivando in questo nuovo mondo? Questa è la promessa delle valute digitali, al di là di funzionalità aggiuntive pur rilevanti, come la programmabilità di pagamenti futuri.
Qui le due sponde dell’Atlantico sembrano – e non è una novità, verrebbe da dire – andare in direzioni diverse, se non opposte.
Da un lato non si realizza il dollaro digitale e si lascia così ampio spazio alle valute digitali private, cioè al mercato delle stablecoin, dall’altro l’euro digitale della BCE è il centro del processo di innovazione nel Vecchio Continente.
È in ogni caso fondamentale che l’euro digitale sia elemento ben diverso dallo yuan digitale, piena espressione dell’autoritarismo e del centralismo cinese.
Che ogni cittadino detenga un conto presso la banca centrale è cosa non priva di rischi per il sistema, anche di tipo politico. Il progetto di euro digitale nasce infatti con limiti espliciti per il deposito riferito alle persone fisiche.
L’euro digitale – non disponibile in tempi brevissimi, anche se il progetto difficilmente si fermerà – non potrà essere la soluzione unica, perché l’effetto di disintermediazione sarebbe sia iniquo sia inefficiente.
Oggi, peraltro, sostanzialmente tutti usano il contante della banca centrale in parallelo al deposito bancario, in teoria più rischioso ma in generale ben più comodo.
È fondamentale, dunque, che il privilegio monetario pubblico non spiazzi a tendere la valuta privata e il connesso processo di intermediazione bancaria, rendendo il sistema meno aperto e competitivo.
Anche se al momento in Italia non sembra esservi grande interesse per l’emissione di EMT, diversamente da altri Paesi europei, serviranno anche valute digitali private in concorrenza con le stablecoin d’oltreoceano, al fine di rendere il sistema europeo competitivo in questo importante comparto.