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Il fattore Mohammed Bin Salman | L’analisi di Maurizio Molinari

Maurizio Molinari sulla Stampa parla del “fattore Mohammed Bin Salman” nella mediazione in corso sull’Ucraina con il tavolo Usa-Russia a Riad.

Per comprenderne il valore e l’importanza, scrive: “bisogna guardare alla quotazione del greggio: un anno fa era di 84 dollari al barile mentre oggi è sceso a 68. Questo significa che se durante la campagna elettorale Usa contribuiva a tenere alta l’inflazione che allontanava gli americani dall’amministrazione Biden, ora ha l’effetto opposto, consentendo a Trump di poter affermare che i prezzi dell’energia stanno scendendo come aveva promesso.

E tale discesa del costo del greggio nasce dalla decisione presa a inizio mese dall’Arabia Saudita di spingere otto Paesi rilevanti dell’Opec+ ad aumentare la produzione. Dunque, il ‘fattore Mbs’ legato al greggio giova a Trump su due fronti: fa scendere l’inflazione negli Usa e mette sotto pressione Putin per spingerlo ad accettare la fine del conflitto.

Da qui – aggiunge Molinari – la domanda su cosa ottiene Bin Salman in cambio dalla Casa Bianca e la risposta è su tre livelli. Il primo, e più importante, ha a che vedere con la sua legittimazione internazionale. Biden aveva offeso Bin Salman nell’onore personale — il valore più importante in assoluto per le tribù del deserto — mentre Trump fa l’esatto opposto, trasformandolo nell’anfitrione della riconciliazione con Putin.

Da qui al secondo livello il passo è breve, perché se l’accordo Usa-Russia sull’Ucraina vi sarà, la conseguenza sarà un’intesa privilegiata Usa-Russia-Arabia Saudita, ovvero fra i tre maggiori produttori di energia del Pianeta, con la conseguente possibilità di governare il motore della crescita globale, mettendo sulla difensiva ogni altra grande economia, a cominciare dalla Cina.

Ma non è tutto, perché c’è anche un terzo livello dell’intesa, personale e strategica, fra Trump e Bin Salman, e ha a che vedere con il futuro assetto del Medio Oriente, in quanto l’entrata di Riad negli “Accordi di Abramo” punta a creare un’area di stabilità e sicurezza, grazie alla convergenza fra risorse arabe del Golfo e tecnologia israeliana, destinata a diventare un ponte di commerci fra India, Europa Occidentale e Stati Uniti.

Non a caso – conclude – Trump ne ha parlato al presidente indiano Modi, indicando la rotta di “un corridoio India-Arabia Saudita-Israele-Italia-Stati Uniti” destinato a fare concorrenza alla “Nuova Via della Seta” di Pechino, con il vantaggio di evitare anche le tariffe del Canale di Suez”.

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