Per capire la reale influenza russa sull’Europa e sull’Italia conviene leggere l’ultima relazione annuale del Copasir sulla sicurezza nazionale depositata in Parlamento appena due settimane fa.
L’allarme del Copasir
“L’attivismo della Russia – scrive il Copasir a pagina 56 – si rivolge soprattutto all’acquisizione di informazioni di carattere politico-strategico, tecnologico e militare. Oggetto di particolare interesse sono i processi decisionali nei vari settori dell’azione politica tra cui gli affari esteri e quelli interni, la politica energetica, la politica economica e le dialettiche interne alla NATO e all’UE. Le attività portate avanti in questi ambiti sono solitamente negabili e difficilmente attribuibili”.
007 russi nella pandemia italiana
“Secondo notizie di stampa, nel contingente militare russo inviato in supporto all’Italia nel contrasto all’emergenza sanitaria da COVID-19 nelle province di Bergamo e Brescia nel marzo/aprile del 2020, sarebbe stato presente personale dei servizi segreti russi. Tale vicenda è stata oggetto di una richiesta di informazioni al DIS e di richieste di chiarimenti durante le audizioni del Ministro della difesa e dei direttori dell’AISE e dell’AISI. Da quanto si è appreso, la missione russa si sarebbe svolta esclusivamente in abito sanitario con il compito di sanificare ospedali e residenze sanitarie assistenziali (RSA) e il convoglio si è mosso sempre scortato da mezzi militari italiani”.
I segreti comprati
“Il Comitato – prosegue il Copasir nella parte della relazione riservata alla Russia – ha approfondito la vicenda riguardante il capitano di fregata Walter Biot, in servizio presso lo Stato maggiore della difesa, che ha trafugato documentazione classificata consegnandola all’officer del GRU (Servizio di intelligence militare), Dmitry Ostroukhov, in cambio di somme di denaro. La vicenda è un chiaro esempio del metodo di avvicinamento a soggetti appetibili operato dai servizi russi che è caratterizzato soprattutto nello status degli officer presenti nei vari Paesi occidentali, i quali sono tutti o quasi tutti coperti da status diplomatico e in genere tendono a infiltrare le istituzioni”.
Il dossier Nato
E questo aspetto della relazione va collegato alle informazioni giornalistiche emerse in seguito all’azione giudiziaria che ha portato all’arresto del capitano di Fregata nel marzo del 2021.
“Tra gli atti che Walter Biot ha tentato di vendere ai russi ci sono anche documenti che parlano dell’intensificazione delle azioni destabilizzanti di Mosca nei confronti dell’Ucraina e di altri alleati” scrive il quotidiano La Repubblica il 12 febbraio scorso.
“Perché tra i documenti – spiega Repubblica – c’è anche il reperto “S”. Contiene, dicono i carabinieri del Ros “messaggi (…) inerenti la Ministeriale esteri della Nato (Bruxelles, 23-24 marzo 2021)”. Sono atti in cui viene “ribadita la ferma condanna della repressione interna in Russia e viene rimarcata l’intensificazione delle azioni destabilizzanti di Mosca (inclusi attacchi cyber e ibridi) rivolte contro alleati e partner (Ucraina, Georgia e Bosnia), confermando un rafforzamento della postura ad est della Nato nonché l’impegno a non accantonare un rafforzamento della postura ad Est della Nato, quale strumento utile a gestire la ‘relazione difficile’ con Mosca”.
“Il documento è datato 26 marzo 2021, appena quattro giorni prima dell’arresto di Biot. Ed è stato depositato in vista del processo che inizierà il prossimo 30 marzo in corte d’Assise, a Roma, in un clima internazionale non certo disteso per via dei venti di guerra che provengono da Est” conclude Repubblica (qui l’articolo completo https://roma.repubblica.it/cronaca/2022/02/13/news/biot_la_spia_che_vendeva_documenti_ai_russi_cerco_di_smerciare_anche_rapporti_su_ucraina_e_alleati-337516760/ ).
Il Copasir e il rischio Ucraina
“La situazione critica nelle relazioni tra Russia e Ucraina, accentuatasi negli ultimi mesi, dimostra preliminarmente come l’Ucraina, per la sua collocazione, riveste un ruolo di rilievo sullo scacchiere geopolitico mondiale, tanto da spingere la Russia ad influenzarne in maniera decisiva ogni prospettiva. L’Ucraina è stata, per quasi settant’anni, una pietra angolare negli equilibri di costruzione e sviluppo dell’Unione Sovietica, di cui rappresentava la seconda forza dopo la Russia per numero di abitanti e rendimento economico, e di cui era punto di riferimento per gran parte della produzione agricola e dell’industria militare. In più, l’Ucraina era sede della base della flotta sovietica del Mar Nero e custodiva numerose testate nucleari” si legge nella relazione del Copasir.
L’Ucraina vuole l’Occidente
“A seguito della dissoluzione dell’URSS, il Paese in questi decenni di indipendenza ha ripetutamente cercato di realizzare un progetto di avvicinamento alle istituzioni europee e alla NATO, entrambe interessate a inglobare Kiev nella propria sfera di influenza. I tentativi sono però rimasti sempre frustrati e hanno contribuito, in maniera drammatica, a un conflitto interno nel quale si sono contrapposte due idee antitetiche di Ucraina: da un lato i nazionalisti, europeisti, delle regioni ad Ovest del Paese, promotori di uno Stato definitivamente integrato nell’Occidente; dall’altro la comunità di lingua russa, prevalente nelle regioni orientali e in Crimea, decisa a sostenere la necessità di un legame più forte con Mosca”.
Crimea e Donbass
“In questo contesto, nel 2014, la Russia ha perseguito i propri interessi nazionali, annettendo unilateralmente al territorio russo la Crimea, una regione a maggioranza etnica e linguistica russa. Mosca ha fornito poi un continuo sostegno ai gruppi separatisti del Donbass, che ha scatenato un conflitto armato contro l’esercito ucraino ancora irrisolto, che ha provocato migliaia di morti” scrive il Copasir. “La storia complicata dei rapporti tra la potenza russa e l’Ucraina si è ulteriormente aggravata a causa delle ulteriori, recenti fibrillazioni i cui contraccolpi si rivelano particolarmente delicati in ordine alla questione energetica che ha assunto un peso centrale negli ultimi mesi in Europa, come peraltro sottolineato dal Comitato nell’apposita relazione al Parlamento sulla sicurezza energetica nell’attuale fase di transizione ecologica, tenuto conto soprattutto che Mosca è il primo fornitore di gas all’Europa”.
Danni per l’Italia
“La mancata autorizzazione della Germania al gasdotto Nord Stream 2, il combinato disposto tra il blocco delle forniture e un’escalation militare in Ucraina potrebbero comportare un ulteriore peggioramento della situazione, che risulterebbe rovinosa anche e soprattutto per l’Italia, che deve a Mosca oltre il 40 per cento delle importazioni” sottolinea il Copasir.
Gas come arma di guerra
“Nel quadro della peggior crisi energetica degli ultimi decenni, risulta evidente che la Russia possa sfruttare questo tema per esercitare pressioni sull’UE, usando le forniture di gas come strumento di tensione e di guerra asimmetrica. In particolare, l’Europa rischia di essere la principale vittima di questa sorta di guerra fredda del gas, andando incontro a ripercussioni sia di ordine politico-militare – poiché il malaugurato scenario di un conflitto sul confine orientale farebbe depositare sul vecchio Continente le scorie dell’ostilità russo-americana – sia di ordine economico a causa dell’incidenza che riveste il gas”.
Tenere aperto il dialogo
“L’aggressività russa, sostenuta dalla Bielorussia, nei confronti dell’Ucraina e sul fianco orientale dell’Alleanza è certamente condannabile ma permane forte per l’Europa l’esigenza di mantenere aperti canali di dialogo diplomatico. Vale la pena segnalare l’imminente referendum confermativo di una nuova Costituzione bielorussa che non prevede più la neutralità internazionale del Paese. L’escalation delle ultime settimane ha visto protagonisti la Russia – che certamente persegue anche l’obiettivo di una rinegoziazione degli accordi di Minsk – e gli Stati Uniti; in tale contesto, è opportuno che l’Europa riesca a partecipare attivamente alla ricerca di una stabilità strategica, sedendosi al tavolo delle trattative e giocando il suo ruolo su temi essenziali quali il controllo degli armamenti convenzionali, la controproliferazione nucleare e tutte le attività che hanno a che fare con le minacce ibride” prosegue la relazione.








