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Il 59,5% delle imprese preoccupato dalle misure protezionistiche per l’export negli Usa | L’indagine di Promos Italia

Promos Italia, l’Agenzia Nazionale delle Camere di commercio per l’Internazionalizzazione delle imprese, ha condotto nelle scorse settimane un’indagine su un centinaio di imprese italiane che già operano negli Stati Uniti per indagare l’impatto che prevedono possa avere la presidenza Trump sul loro business negli Usa.

Clima economico internazionale: la maggior parte delle imprese (34,2%) ritiene che il clima economico internazionale, attualmente, non sia “né particolarmente favorevole né particolarmente sfavorevole”. Il 32,9% considera, invece, il contesto “abbastanza favorevole”, indicando un quadro complessivamente positivo per l’export italiano.

Tuttavia, alcune aziende (19%) segnalano preoccupazioni legate a possibili misure protezionistiche, come l’aumento delle tariffe doganali, che potrebbero influire su specifici settori. La fiducia generale si basa sulla percezione di un’economia americana robusta e sulla solidità dei rapporti commerciali esistenti.

Preoccupazioni principali: per il 59,5% delle imprese indagate la principale preoccupazione è un aumento delle barriere doganali e tariffarie, con particolare riferimento a dazi sulle merci italiane come prodotti agroalimentari, tessili e macchinari.

Questi settori, fondamentali per l’export italiano, percepiscono un possibile rischio per la competitività dei loro prodotti sul mercato statunitense. Al contrario, il 21,5% non segnala particolari timori, attribuendo maggiore peso a dinamiche interne o a strategie di diversificazione già avviate.

Diversificazione dei mercati: il 45,6% delle imprese indagate ritiene che la nuova amministrazione americana non influirà sulle loro strategie, tuttavia, monitora con attenzione gli sviluppi che la presidenza Trump potrà portare, mentre il 22,8% considera di poter fare possibili aggiustamenti alle strategie per ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti.

Tra le strategie principali emergono l’espansione verso mercati emergenti come il Sud-Est Asiatico e l’Africa, l’incremento di investimenti in e-commerce per raggiungere clienti finali in mercati diversificati, e lo sviluppo di partnership con aziende locali in Europa per rafforzare le filiere produttive e commerciali.

Segnali di incertezza: oltre il 60% delle imprese non ha rilevato cambiamenti negli ultimi mesi a seguito dell’elezione di Donald Trump, mentre il 12,7% ha notato cambiamenti, seppur non significativi.

Supporto richiesto: tra le misure più richieste per ampliare il business negli Usa emergono il supporto nella ricerca di nuovi partner commerciali negli Stati Uniti (32,9%) e l’organizzazione di missioni commerciali e fiere (20,3%). Il 21,9%, invece, ritiene utile una maggior assistenza legale e normativa.

“Lo scenario più plausibile è che i flussi di scambio tenderanno naturalmente a riequilibrarsi tra le diverse aree geografiche, confermando che le dinamiche di mercato e le strategie aziendali prevalgono sulle misure protezionistiche di breve periodo. Per le imprese italiane, questo significa che l’export verso gli Stati Uniti e altri mercati chiave continuerà a rappresentare un pilastro essenziale della crescita, grazie alla qualità, all’innovazione e alla capacità di adattarsi ai cambiamenti” – dichiara Giovanni Da Pozzo, Presidente di Promos Italia. “Anche in contesti complessi, infatti, il Made in Italy mantiene un forte appeal internazionale, e le aziende possono fare leva su strategie di diversificazione e sulla solidità delle relazioni commerciali già consolidate. L’esperienza dimostra che, al di là delle tensioni politiche, le imprese in grado di agire con flessibilità e visione strategica riescono sempre a cogliere opportunità di sviluppo nei mercati globali, in particolare in geografie meno consolidate ma che possiedono un grande potenziale inespresso. In questo senso, nell’attuale fase storica l’attenzione va rivolta, in particolare, verso l’America Latina e il Medio Oriente.

Dati di contesto:
Elaborazione di Promos Italia su dati ISTAT per i primi nove mesi del 2024.

Valgono 67 miliardi gli scambi tra Italia e Usa nei primi nove mesi 2024, stabili rispetto al 2023. In particolare, cala lievemente l’export italiano, pari a 48 miliardi nei primi nove mesi del 2024, rispetto a 48,6 miliardi del 2023 (-1,5%). L’import in nove mesi è di 19 miliardi, in crescita del 2,8% in un anno. Gli scambi sono cresciuti del 45,8% rispetto ai 46 miliardi dei primi nove mesi del 2019.

Principali regioni italiane nel commercio con gli Usa sono la Lombardia con 13,8 miliardi di scambi nei primi nove mesi del 2024 (-2,7% in un anno), Toscana con 12,3 miliardi (+27% rispetto ai primi nove mesi del 2023), Emilia-Romagna con circa 9 miliardi (+3,4%). Seguono Veneto (6 miliardi), Lazio e Piemonte (5 miliardi ciascuno).

Tra le province, prima Firenze con 8 miliardi in nove mesi, in crescita del 70% rispetto ai primi nove mesi del 2023, supera per la prima volta Milano con 6,4 miliardi di scambi in nove mesi nel 2024, in calo del 5%.

Seguita da Torino con 3 miliardi, in calo del 9%. Superiori ai 2 miliardi di scambi in nove mesi anche Modena e Bologna, davanti a Vicenza, Roma, Latina, Bergamo, Arezzo, tutte con quasi 2 miliardi.

Tra i settori del manifatturiero prevalgono i farmaci, che crescono per scambi in nove mesi del 42% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e raggiungono 12,4 miliardi di scambi in nove mesi, di cui 7 miliardi di export.

Superano così per la prima volta i macchinari, che diventano il secondo settore con 12 miliardi di scambi in nove mesi, di cui 10 miliardi di export, in crescita del 5% in un anno, rispetto ai primi nove mesi del 2023, per scambi.

In calo i trasporti del 21% con 7 miliardi di scambi in nove mesi nel 2024.

Il food con un export di 6 miliardi circa in nove mesi cresce del 18,7% per export in un anno.

La moda italiana vede un export stabile e vale 4 miliardi circa in nove mesi.

Cresce lo scambio negli apparecchi elettrici, +11%, per quasi 3 miliardi di scambi in nove mesi.

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