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Il 37% della Generazione Z prevede di rimanere nell’impiego attuale al massimo un anno | L’indagine di Randstad

Il 37% dei lavoratori italiani della Generazione Z prevede di rimanere nell’azienda attuale al massimo per un anno, rispetto al 28% dei Millennials, al 13% della Generazione X e al 19% dei Boomers.

Il 25% stima di rimanere per 1-2 anni, l’11% per 3-5 anni. Solo il 17% prevede di rimanerci per sempre, contro il 30% della Generazione X che esprime questa intenzione.

Tuttavia, un periodo breve di permanenza non significa visione a breve termine: i giovani cambiano lavoro più frequentemente soprattutto per ambizione. Dopo lo stipendio, i lavoratori della Gen Z affermano che è la mancanza di avanzamento di carriera il principale fattore a spingere per lasciare il posto di lavoro.

L’87% considera sempre o spesso obiettivi a lungo termine quando valuta un nuovo ruolo. La generazione dei nati tra il 1997 e il 2007 sta costruendo la carriera a modo suo, cercando percorsi di sviluppo chiari, flessibilità, programmi di formazione basati anche sull’intelligenza artificiale e un lavoro in linea con i propri valori.

È quanto emerge dal Randstad workmonitor pulse, l’indagine globale di Randstad su 11.250 lavoratori di tutti i settori in 15 paesi, tra cui 750 intervistati in Italia. La ricerca ha analizzato i fattori chiave che determinano il comportamento e l’inclinazione al lavoro della Gen Z, che oggi rappresenta il 23% della forza lavoro globale.

Per i giovani italiani, si affaccia sempre più l’era del “lavoretto secondario”. Potendo scegliere, oltre metà dei lavoratori della Gen Z preferirebbe un tipo di lavoro diverso dal classico tempo pieno: solo il 22% opterebbe per il full time (per Boomers e Gen X si arriva quasi al 30%) e ben il 19% affiancherebbe al full time un’attività extra o comunque un’entrata economica aggiuntiva.

Un quarto vorrebbe un part time, con varie formule: il 9% un solo contratto a tempo parziale, il 7% con un’attività extra, un altro 9% più contratti part time. Mentre il 14% preferirebbe essere un lavoratore autonomo, il 13% avere contratti temporanei, il 7% da free-lance.

L’attitudine al cambiamento continuo della generazione “un anno, un lavoro” porterà a una crescente mobilità lavorativa e alla necessità di strategie di talent retention e attraction sempre più rapide e flessibili.

I fattori principali di fidelizzazione a lungo termine per i giovani sono la retribuzione con il 42% di preferenze (al primo posto come per le altre generazioni, ma con percentuali inferiori), poi i giorni di ferie con il 24% (così importante solo per la Gen Z) e al terzo posto a pari merito la flessibilità di orario (21%) e le opportunità di carriera (21%).

Entrare nel mondo del lavoro per i membri della Gen Z significa entrare in contatto con l’intelligenza artificiale. La maggior parte dei giovani riconosce il suo potenziale come strumento per migliorare sé stessi e la propria attività, il 79% della Generazione Z impara utilizzando gli strumenti dell’AI, molto più di qualsiasi altra generazione. Il 61% è entusiasta delle possibilità della nuova tecnologia.

“I risultati del Workmonitor pulse – dichiara Marco Ceresa, group ceo Randstad – mostrano chiaramente le differenze nelle esigenze e motivazioni della Gen Z rispetto alle altre generazioni che sono da comprendere a fondo per migliorare le strategie di talent retention e attraction delle organizzazioni. I lavoratori più giovani evidenziano una maggiore attitudine al turnover, ma anche una mentalità più orientata al futuro. Entrano nel mercato del lavoro con ambizione, fiducia e desiderio di crescere, ma sono aperti a esplorare forme diverse rispetto al lavoro tradizionale a tempo pieno. Oltre alla retribuzione, guardano un ventaglio di fattori nella scelta dell’impiego ideale, in cui appaiono sempre imprescindibili flessibilità e equilibrio con la vita personale”.

La priorità più frequentemente indicata dagli intervistati per rimanere in azienda è ricevere il giusto livello di retribuzione. La Generazione Z (42%) la valuta leggermente meno rispetto ai Millennial (43%) e decisamente meno della Generazione X (57%).

La flessibilità dell’orario di lavoro è stata indicata come priorità principale dal 21% degli intervistati, seguita a breve distanza dalla flessibilità del luogo di lavoro al 15%. Tra la Generazione Z, i fattori meno prioritari – ciascuno selezionato solo dal 2% come primo – sono avere più tempo per le proprie passioni e aumentare l’occupabilità attraverso competenze pertinenti.

Il 37% della Gen Z prevede di rimanere nella propria azienda attuale solo fino a 12 mesi (contro il 28% dei Millennials, il 13% della Gen X e il 19% dei Baby Boomer), il 25% di loro prevede di rimanerci per i prossimi 1-2 anni.

Tra i giovani che hanno indicato l’intenzione di abbandonare il lavoro entro il primo anno, la bassa retribuzione è la motivazione maggiore, indicata nel 38% dei casi (contro il 33% medio delle altre generazioni), seguita da limitate opportunità di avanzamento di carriera al 18% e da mancanza di flessibilità dell’orario di lavoro al 12%.

La Gen Z ha una mentalità più orientata al futuro, con l’85% che considera sempre o spesso gli obiettivi di carriera a lungo termine quando valuta un potenziale cambio di lavoro, una percentuale superiore a qualsiasi generazione più anziana.

Il 58% della Gen Z si sente pienamente motivato e coinvolto nel proprio ruolo attuale, una percentuale inferiore rispetto ai Boomer (73%) e alla Gen X (65%).

I più giovani mostrano una maggiore disponibilità a scendere a compromessi sui valori in cambio di benefici tangibili: il 60% della Gen Z sarebbe disposto a lavorare per un’azienda i cui valori non corrispondono pienamente ai propri se la retribuzione e benefit fosse interessante.

In media, l’80% degli intervistati si sente sicuro della propria capacità di acquisire rapidamente le competenze necessarie per un lavoro, per la Gen Z questa percentuale è leggermente inferiore (74%).

La Gen Z impara attraverso molteplici canali: non solo formazione on the job, ma anche spunti da colleghi e mentor, opportunità di training specifiche quando necessarie per il proprio ruolo, con uno stile di apprendimento adattivo, incentrato sull’esperienza e sulla necessità pratica.

Strumento fondamentale per l’upskilling personale è l’IA: il 79% della Generazione Z impara utilizzando gli strumenti dell’AI, molto più di qualsiasi altra generazione.

In generale, la nuova tecnologia è percepita in maniera positiva, con il 61% che si dice entusiasta del potenziale dell’IA sul lavoro e il 57% che la utilizza già per la risoluzione dei problemi, rispetto al 47% dei Millennials e al 44% della Gen X.

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