“L’imposizione del golden power sull’offerta pubblica di Banco BPM da parte di UniCredit è il frutto avvelenato caduto dall’albero delle migliori intenzioni”.
Così Serena Sileoni sulla Stampa citando i precedenti dei governi Monti, Gentiloni, Draghi e Conte due.
“Se ora il Governo Meloni ha potuto imporre una serie di rigide prescrizioni all’offerta di Unicredit – sottolinea l’editorialista – è proprio grazie a una graduale estensione della disciplina dei poteri speciali.
Nata per proteggere infrastrutture critiche e aziende strategiche nazionali, qualsiasi cosa ciò voglia dire e implicare, essa si è trasformata nel più pervasivo strumento di controllo e influenza delle operazioni di mercato anche tra imprese italiane, come nel caso Unicredit-BPM.
Un caso che, letto nei pochi dettagli fin qui noti, porta a tre considerazioni.
La prima riguarda la prevedibilità di quanto accaduto. L’esperienza italiana insegna che gli appetiti di controllo del governo sull’economia sono insaziabili e che le migliori intenzioni non bastano a frenarli.
La graduale espansione del golden power rappresenta, oggi, l’esempio più evidente di questo rischio.
La seconda considerazione riguarda invece la discrezionalità con cui il governo può decidere se e come applicare i poteri speciali, sulla base di concetti molto generici come interesse nazionale e settore strategico.
Insieme alla notifica dell’offerta di UniCredit, sul tavolo sono finite altre tre operazioni bancarie che hanno ottenuto luce verde. È probabile che la differenza di trattamento abbia fondate e solide ragioni. Peccato non poterne essere sicuri e potersi affidare solo a un concetto ‘virile’ di interesse nazionale evocato dal ministro Giorgetti.
La terza considerazione riguarda, infine, l’intromissione nella gestione degli affari di mercato. Ai tempi delle aziende pubbliche e partecipate, la proprietà o la partecipazione azionaria dello Stato costituivano almeno un elemento oggettivo, un discrimine utile a definire quali fossero le imprese e i settori di cui lo Stato poteva decidere le sorti.
Ora – conclude Sileoni – sull’uso di poteri di controllo così estesi e profondi anche in ambiti, come quello bancario, in cui l’esecutivo non ha nemmeno funzioni di vigilanza si stende un senso di imprevedibilità e persino arbitrarietà capace di far rimpiangere, anche ai meno nostalgici, le pericolose certezze dello Stato imprenditore.”








