Nonostante la tempesta commerciale che ha scosso le economie globali, i segnali di ripresa economica negli Stati Uniti e nell’Unione Europea appaiono forti.
A dispetto dei timori legati ai dazi, l’economia delle due potenze si sta dimostrando incredibilmente resistente come emerge chiaramente dall’andamento dell’indice PMI, uno degli indicatori più seguiti per misurare la salute dei settori industriali e dei servizi.
Negli Stati Uniti, i numeri parlano chiaro. A giugno, l’indice PMI dei servizi stilato dall’ISM è salito a 50,8, superando la soglia critica di 50 che separa espansione e contrazione. Questo dato segna una ripresa netta, seppur lieve, rispetto alla fase di contrazione registrata nel mese precedente. Suggerisce una ripartenza solida del settore terziario.
A trainare la crescita sono stati miglioramenti significativi in produzione, nuovi ordini e scorte. Ma non è solo questo: l’industria americana continua a mostrare una vivacità insperata, con un aumento degli ordini di beni manufatti dell’8,2% a maggio, il balzo più deciso dal 2014.
Questo ottimo risultato è stato soprattutto sostenuto dal comparto aerospaziale, con un’impennata degli ordini di velivoli e componenti non militari. A confermare la tenuta dell’economia, ci sono anche i dati sul mercato del lavoro. Gli occupati sono aumentati di 147.000 unità a giugno, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 4,1%, il che testimonia una crescita occupazionale costante e solida, nonostante le sfide globali.
In breve, l’economia americana sta mostrando una vitalità che sorprende, resistendo agli urti della guerra commerciale, e supportata da un mercato del lavoro che rimane tra i più dinamici del mondo.
Anche l’Europa non sta a guardare. L’area euro sta infatti vivendo un moderato miglioramento, con l’indice PMI composito salito a 50,6 a giugno, il più alto degli ultimi tre mesi.
A spingere in avanti l’economia dell’Unione Europea sono stati soprattutto i settori manifatturiero e dei servizi, con Paesi come Irlanda, Spagna, Italia e Germania che hanno registrato numeri incoraggianti.
In particolare, l’Italia continua a crescere, con l’indice PMI dei servizi che si attesta a 52,1 punti, pur rallentando lievemente rispetto ai mesi precedenti. La buona notizia arriva anche dal mercato del lavoro, che ha visto un incremento notevole di occupati, in parte grazie all’aumento della domanda interna.
Eppure, nonostante questi segnali di crescita e di recupero, c’è una questione che continua a destare preoccupazione: il deficit commerciale degli Stati Uniti.
A maggio ha raggiunto i 71,5 miliardi di dollari, segnando un aumento rispetto al mese precedente e un trend negativo che sembra proseguire. La causa? Un calo delle esportazioni del 4% e un aumento delle importazioni, che hanno superato i 350 miliardi di dollari.
Il gap commerciale con l’Unione Europea è aumentato, raggiungendo i 22,5 miliardi di dollari, un dato che sottolinea le difficoltà nell’equilibrare i flussi commerciali, nonostante la politica di dazi introdotta dall’amministrazione Trump.
Il deficit commerciale americano, seppur in crescita, non sembra essere un freno per l’economia in generale, ma resta un punto critico che va affrontato con decisione.
Nonostante le promesse di “ribilanciare” il commercio internazionale, gli Stati Uniti continuano a importare più di quanto esportano, anche con le politiche tariffarie imposte su una serie di partner, tra cui l’Europa.
Il risultato è un’ulteriore erosione della bilancia commerciale, che sta mettendo sempre più a rischio la sostenibilità della crescita economica a lungo termine.
Eppure, c’è da dire che la crescita della domanda in altri Paesi, come il Vietnam e la Cina, ha paradossalmente contribuito a contrastare il deficit americano, con un surplus crescente da parte di Paesi che beneficiano dell’esportazione verso gli USA.
Questo non cambia però la realtà di fondo: l’America sta attraversando una fase in cui la crescita economica non è accompagnata da un miglioramento del proprio saldo commerciale, una discrepanza che potrebbe complicare le cose nel medio-lungo termine.








