La scuola aveva bisogno di una riforma strutturale che dia «strumenti e autonomia ai singoli istituti». A sostenerlo è Francesco Grillo, che parla di questa (mancata?) occasione: «Un milione centocinquemila seicento diciannove dipendenti. Bastano questi numeri per dare contezza di quello che è il problema più grosso dell’Istituzione alla quale è affidata la più formidabile leva di crescita economica potenziale che abbiamo a disposizione (la chiusura delle scuole nel 2020 è costata – secondo le stime della Banca Mondiale – in termini di PIL futuro il doppio quasi di quanto il PIL sia diminuito in quell’anno) e di coesione sociale. Il problema è, infatti, semplicemente che un’organizzazione così complessa e in un Paese così lungo non può essere gestita centralmente da un Ministero».
«La vera riforma di cui la Scuola ha bisogno» scrive Grillo sul Messaggero «è quella di dare strumenti e autonomia ai singoli istituti scolastici. Il caos che probabilmente sta per esplodere tra insegnanti e studenti in queste ore, è solo l’ennesimo riflesso di un problema organizzativo che nessuno ha avuto il coraggio di affrontare. Il decreto-legge con le misure di contenimento del Covid-19 nelle scuole interviene tardi e in maniera parziale rispetto alla raccomandazione di Mario Draghi di dare alla scuola priorità assoluta. Le difficoltà di chi ha scritto il decreto riflettono però antichi problemi di tipo organizzativo e politico».
«Alla responsabilità non corrisponde, del resto, alcun potere: anche solo per sostituire il vetro di una finestra, la scuola deve aspettare l’intervento dell’ente locale al quale appartiene l’immobile che la ospita. È lo stesso Pnrr, però, che dimentica di approfittare dell’occasione storica per realizzare la riforma – quella dell’autonomia – centrale e restata sulla carta da vent’anni. Nonostante il prestigio di Draghi la politica è purtroppo debole. In queste condizioni quella che doveva essere una grande occasione di innovazione (avremmo potuto misurare con precisione quando la didattica a distanza può diventare strumento per integrare quella in presenza) diventa una palude».
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