«Il sistema non solo è destinato ad andare in tilt, ma in questo modo non viene assicurata alcuna “giustizia”. Stabilire che la prescrizione si interrompe dopo la sentenza di primo grado, ma al contempo imporre termini “tagliola” per il processo di appello e per quello successivo di Cassazione, senza intervenire sui sistemi di ammissibilità degli appelli o dei ricorsi per Cassazione, significa solo preoccuparsi di “smaltire carte”, non di assicurare una decisione giusta». Al procuratore Nicola Gratteri, intervistato dal direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, non piace la riforma della Giustizia della ministra Marta Cartabia approvata all’unanimità dal Consiglio dei ministri.
«Noi magistrati» prosegue Gratteri «dobbiamo fare giustizia, non smaltire carte: noi abbiamo a che fare con la vita delle persone. I giudici di appello e di Cassazione devono, all’esito di un’analisi ponderata, rimediare – se esistono – a errori commessi nel grado precedente. Con questa “riforma”, invece, da una parte si gettano al macero migliaia di processi, e dall’altra si accentua la tendenza a trasformare le corti in “sentenzifici”, che badano solo ai numeri, con buona pace della qualità delle decisioni». Il professor Coppi ha aggiunto che la riforma Cartabia è “un groviglio” incomprensibile e che a questo punto era meglio la riforma Bonafede.
«Concordo pienamente. Al di là dei proclami di “riforma costituzionalmente orientata”, a me pare che si vada esattamente in senso contrario. Scusi, ragioniamo: si celebra un processo che si conclude con una condanna; l’imputato condannato fa appello nel quadro di un sistema su cui non si è intervenuti a livello legislativo; il giudizio di appello, o quello successivo in Cassazione, non si chiude nei tempi indicati; che fine fa la condanna di primo grado? Diventa improcedibile con un prestampato? E le persone offese? Le vittime del reato, le parti civili costituite nel processo? Assurdo. Quindi sì, era sicuramente meglio la riforma Bonafede».








