“Le colpe europee, e segnatamente tedesche, verso l’Ucraina coincidono con un debito morale il cui saldo potrebbe dare alla nostra Unione un senso politico finora mai avuto, se solo trovassimo la risolutezza per farvi fronte”.
Lo scrive Goffredo Buccini sul Corriere della Sera: “È bene ricordarlo più che mai in queste ore, – sottolinea – mentre il presidente Zelensky è costretto ad ammettere che Kiev non avrà le forze militari per riprendersi le terre invase dai russi.
I dolori di oggi sono figli degli sbagli di ieri.
E ad aprile 2008 gli europei commisero un grave errore di valutazione.
Trainati da una Angela Merkel assai più attenta agli interessi energetici della Germania che a quelli strategici dell’Occidente, rifiutarono all’Ucraina e alla Georgia, i due Paesi ex sovietici immediatamente esposti alle mire di Mosca, lo status di Map, membri in attesa d’ammissione alla Nato, caldeggiato invece dal presidente americano Bush.
Sedici anni dopo, l’Europa è a un bivio.
Con una Germania in crisi profonda, ha un’occasione per riparare in parte a quello sbaglio.
Si parla per la prima volta – osserva l’editorialista – di un contingente europeo che, boots on the ground, si schieri lungo i 900 chilometri della linea del fronte per garantire una tregua.
Ci sono però due problemi.
Il primo è che le probabilità di decollo di un simile piano, carico di gravissimi rischi militari, sono prossime allo zero tra cancellerie europee condizionate da opinioni pubbliche ancora narcotizzate dall’illusione che basti non volere nemici per non averne.
Il secondo problema, emerso nelle ultime ore, è persino più serio.
Putin sostiene di essere pronto, sì, a parlare di pace, ma con una autorità ucraina «legittimata» da nuove elezioni (il mandato di Zelensky è scaduto).
E poiché è evidente che Kiev non può votare sotto le bombe, finché ci sarà guerra non ci saranno elezioni: l’autocrate di Mosca ha insomma confezionato un perfetto «comma 22», come ha capito benissimo la vicepresidente Ue Kaja Kallas, che raffredda la corsa alle trattative ammonendo: «Mosca non vuole la pace».
L’attentato al generale Kirillov e l’annunciata rappresaglia russa non sembrano peraltro un buon viatico.
Dunque, in un sentiero strettissimo l’Ucraina incrocia ancora una volta la nostra storia e pare definirla.
Offrendoci forse un’occasione, pur tra molte incognite: la sua ammissione accelerata nell’Unione”.








