Dallāinizio del 2025 lāamministrazione statunitense ha attuato una marcata svolta protezionista; ha in più riprese elevato i dazi per specifici settori (acciaio, alluminio, automotive, rame, prodotti farmaceutici) e li ha fortemente innalzati, dapprima nei confronti di Cina, Messico e Canada e in seguito verso tutti i paesi, prevedendo in molti casi aumenti mirati (ādazi reciprociā).
Gli accordi commerciali conclusi successivamente con alcuni partner e altre revisioni hanno modificato le aliquote inizialmente previste, ma nellāinsieme il dazio effettivo, in vigore da agosto, ĆØ prossimo al 20 per cento (era il 3 per cento alla fine del 2024).
Lo rileva uno studio pubblicato dalla Banca dāItalia nellāultimo Bollettino economico.
Tra i partner commerciali maggiormente colpiti figurano Cina, India e Brasile.
Le economie che hanno concluso accordi bilaterali con gli Stati Uniti ā tra cui Unione europea, Regno Unito e Giappone ā hanno beneficiato in alcuni casi di esenzioni settoriali (come per il comparto automobilistico) e, in generale, di condizioni più favorevoli rispetto ai paesi che non hanno raggiunto alcun accordo.
Con lāaccordo firmato il 27 luglio, le esportazioni di beni della UE sono assoggettate a un dazio base del 15 per cento, un valore inferiore allāaumento di 30 punti percentuali indicato in luglio dallāamministrazione statunitense, ma superiore di 13 punti allāaliquota effettiva in vigore alla fine del 2024.
Da parte sua, lāUnione europea ha cancellato le misure ritorsive giĆ approvate e si ĆØ impegnata a eliminare i dazi su beni intermedi provenienti dagli Stati Uniti, oltre a facilitare lāaccesso di alcune esportazioni agricole statunitensi conformi agli standard dellāUnione e ad acquistare prodotti energetici americani per un valore complessivo di circa 750 miliardi di dollari entro il 2028.
Sullāattuazione dellāaccordo permane un certo margine di incertezza, legato sia alla necessitĆ di approvazione da parte delle istituzioni europee sia al rischio di interpretazioni divergenti tra le parti.
Lāincertezza sulla politica commerciale statunitense resta elevata anche per la decisione della Corte dāappello federale statunitense del 29 agosto: questa ha stabilito che la maggioranza dei dazi ĆØ stata imposta dallāamministrazione in maniera illegittima, in quanto tale imposizione manca del necessario consenso da parte del Congresso.
La sentenza ha tuttavia mantenuto in vigore i dazi.
Ć comunque improbabile che lāintero iter giudiziario conduca alla loro eliminazione, soprattutto nei confronti dei paesi che hanno deciso di sottoscrivere un accordo con gli Stati Uniti.
Il trade policy uncertainty index, sebbene diminuito rispetto al picco di aprile, si mantiene su livelli significativamente superiori a quelli medi del periodo 2018-2019, quando Stati Uniti e Cina avevano introdotto in modo deciso dazi sugli scambi bilaterali.
Le conseguenze delle nuove politiche commerciali americane sono giĆ visibili nei flussi di merci, prosegue lāanalisi.
Fino a marzo, il commercio mondiale ha accelerato grazie agli acquisti anticipati degli importatori statunitensi (front-loading).
Con lāintroduzione dei nuovi dazi, i volumi importati dagli Stati Uniti si sono significativamente ridotti, con effetti rilevanti sugli scambi globali.
A pesare maggiormente su tale andamento è stato il calo delle importazioni statunitensi dalla Cina, diminuite di quasi il 40 per cento nel secondo trimestre rispetto al primo, e soggette a dazi sensibilmente più elevati di quelli degli altri paesi.
Le esportazioni cinesi sono tuttavia aumentate verso lāAsia, lāAmerica Latina e lāUnione europea.
Alcune economie asiatiche, tra cui Vietnam e Taiwan, hanno continuato a registrare una forte crescita dei flussi verso gli Stati Uniti.
Per il Vietnam questo andamento sembra legato ai dazi relativamente più contenuti rispetto a quelli imposti sui prodotti cinesi, che potrebbero avere favorito il transito indiretto di merci provenienti dalla Cina.
Per contrastare tale pratica, lāamministrazione statunitense ha innalzato i dazi sui beni sospettati di riesportazione.
Nel caso di Taiwan lāespansione delle esportazioni ĆØ invece riconducibile principalmente alla forte crescita delle vendite di semiconduttori, non ancora colpite da restrizioni commerciali.
Le importazioni dalla UE si sono contratte solo marginalmente nei mesi più recenti.
Fanno eccezione quelle dallāIrlanda, che hanno inizialmente beneficiato dellāanticipo degli acquisti statunitensi di prodotti farmaceutici, per poi subire una forte flessione, dovuta verosimilmente al raggiungimento dei limiti di accumulo delle scorte.
I dazi previsti dallāaccordo tra Stati Uniti e Unione europea comporterebbero un impatto diretto relativamente contenuto sulla crescita del prodotto della UE, riconducibile alla perdita di competitivitĆ di prezzo delle imprese europee rispetto a quelle statunitensi.
Lāelevata incertezza sulle politiche commerciali potrebbe però avere un peso maggiore, frenando gli investimenti.
Sulle esportazioni europee verso gli Stati Uniti ĆØ destinato a incidere anche il deprezzamento del dollaro verificatosi da inizio anno.