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Giulio Sapelli (economista): «L’acciaio di Taranto va difeso strenuamente»

“I tedeschi lo producono, i francesi anche, gli inglesi vogliono tornare a produrlo. Lo stabilimento di Taranto va difeso strenuamente, producendo lì l’acciaio grazie a tecnologie sostenibili e pulite, acciaio per gli aerei. Ma purtroppo nel nostro Paese vanno per la maggiore gli esoterismi di chi pensa che gli aerei possano volare alimentati dal solare…”. Ad affermarlo, in un’intervista a ‘La Gazzetta del Mezzogiorno’, è Giulio Sapelli, economista e accademico commentando il processo che si è concluso in primo grado con pesanti condanne per la famiglia Riva e per i politici alla guida delle istituzioni territoriali nel periodo vivisezionato dai magistrati, da Nichi Vendola a Giovanni Florido.

“Sono figlio delle istituzioni, rispetto i magistrati, ma non posso esimermi da alcune considerazioni. Questa è una sentenza di primo grado, resta la presunzione di innocenza. Mi auguro che siano innocenti. Ma Vendola… – sottolinea – deve essere contestato politicamente. Da quello che so, non si è mai affrontato il problema dell’Ilva, fino al punto che abbiamo espropriato una famiglia di un bene, una cosa che capita solo in Venezuela, o nelle nazioni in procinto di essere travolte da una rivoluzione bolscevica”. La famiglia Riva, rileva ancora l’economista, “è una delle poche nel mondo occidentale capitalista che ha subito l’esproprio della propria azienda. Solo il generale De Gaulle in Francia espropriò Renault, perché aveva collaborato con il nazionalsocialismo”

“So bene come si presenta la legge 231: è molto difficile risalire all’apice della responsabilità nelle imprese, mentre resta il nodo politico. Vendola, un presidente ecologista e di sinistra, non è riuscito a far cambiare le modalità di produzione dell’acciaio, passando dal carbone al gas. Così come sempre Vendola non ha impedito lo sfruttamento selvaggio del proletariato nero che lavora nelle campagne pugliesi”, sottolinea ancora Sapelli.

“L’Italia è un triste Paese che ha bisogno della magistratura per affrontare nodi strategici, magistratura il cui verdetto arriva dopo 10 anni. Fa riflettere che si risolvano questioni così importanti non con la politica ma con la magistratura e addirittura con un esproprio”, aggiunge ancora l’economista.

Rispondendo alla domanda su che cosa non ha funzionato nella gestione privata della produzione dell’acciaio, l’economista spiega: “la gestione pubblica italiana delle acciaierie era la migliore del mondo. Questa eccellenza nazionale è stata scientemente distrutta, come nel caso di Bagnoli poi venduta ai cinesi. Sull’Ilva si è fatto di tutto per non farla funzionare perché si vuole impedire all’Italia di partecipare alla ricostruzione della Mesopotamia…”. La fabbrica, rileva ancora l’economista, “è stata data alla cordata indiana di ArcelorMittal che aveva una evidente e nota sovracapacità produttiva, mentre c’era un’altra cordata, con gli Arvedi, che aveva un partner indiano senza questo surplus produttivo”.

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