La seconda dose dei vaccini Pfizer e Moderna andrà distanziata di 42 giorni dalla prima e non più delle 3 e 4 settimane inizialmente previste. Lo conferma Giorgio Palù, Presidente dell’Aifa, intervistato sul Corriere della Sera da Margherita De Bac.
Non si tratta, sottolinea Palù, di un suggerimento, ma di «un’indicazione on label, cioè riportata sulla scheda di accompagnamento del farmaco, il cosiddetto bugiardino, che contraddice la raccomandazione inizialmente rilasciata dai valutatori di Amsterdam».
Chi ha già fissato l’appuntamento per la seconda dose dopo 3 o 4 settimane dovrà rinviare? «Dipende da come sono organizzate le regioni. La programmazione può essere tranquillamente mantenuta. L’efficacia di un vaccino e la sua immunogenicità non vengono compromesse se il richiamo viene spostato fino a un massimo di 42 giorni».
Perché cambiare i tempi? «Si è calcolato che così facendo si hanno a disposizione dosi sufficienti per proteggere velocemente circa 3 milioni di over 60, attualmente meno coperti dal vaccino ed esposti a significativo rischio di mortalità da Covid 19, pari al 3 per cento».
Ma l’azienda Pfizer contesta e ricorda che il suo composto è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni. «Un’industria non può dettare scelte che dipendono dagli enti regolatori e che vengono prese anche sulla base dei risultati osservati sul campo, su decine di milioni di persone e quindi non limitati agli studi di validazione su poche decine di migliaia di casi».
Cosa è stato visto sul campo? «Ci si è accorti che la seconda dose può essere spostata fino a 42 giorni senza condizionare né la protezione dalla malattia che resta alta, fino al 70%, né la risposta degli anticorpi. Ripeto, la posizione di Aifa e ministero della Salute sono un’indicazione vera e propria per affrontare in una fase particolare una relativa carenza di scorte».
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