Il patto di stabilità era “stupido” già nel 2002, come disse Romano Prodi mentre era presidente della Commissione Europea.
Ventitré anni dopo, a valle di una riforma che i Paesi dell’Unione hanno discusso e negoziato per oltre due anni dopo che la pandemia di Covid ha relegato il “vecchio” patto in soffitta, le regole UE sui bilanci non sono solo “stupide”, ma anche “senza senso”.
Almeno per quanto riguarda le spese nella difesa, che per gli Usa di Donald Trump gli alleati europei dovrebbero portare al 5%. Parola di Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia del governo di Giorgia Meloni, che nell’Eurogruppo a Lussemburgo ha fatto un intervento piuttosto tranchant, a pochi giorni dal summit della Nato all’Aja, dove gli alleati si impegneranno a portare la spesa militare al 3,5% del Pil, cui andrà aggiunto un altro 1,5% in sicurezza.
Il problema, segnala in sostanza Giorgetti, come ha già fatto ripetutamente il suo collega alla Difesa Guido Crosetto, è che le regole UE in materia di bilanci pubblici fanno a pugni con la necessità di aumentare le spese per la difesa. Cosa che gli Usa chiedono agli europei a gran voce.
L’Unione Europea, ha detto Giorgetti, dovrebbe aggiornare le proprie regole in materia di bilanci pubblici, per evitare che appaiano “stupide” e “senza senso”, dato che, per come sono congegnate, se l’Italia aumentasse le spese per la difesa chiedendo l’attivazione della clausola nazionale di salvaguardia, non uscirebbe più dalla procedura per deficit eccessivo in cui si trova oggi, ma dalla quale prevede di uscire tra non molto.
Il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis ha confermato che esiste nelle regole un’“asimmetria” tra quelle che riguardano l’apertura di una procedura per deficit eccessivo e quelle che normano invece la chiusura della stessa, che sono molto “rigide”.
Il politico lettone ha anche confermato che, se un Paese sotto procedura per deficit aumenta le spese militari, ritarda la sua uscita dalla procedura per deficit eccessivo.
“L’Italia – ha affermato il ministro – ribadisce il suo impegno per l’efficiente attuazione dell’ambizioso piano strutturale di bilancio a medio termine e ricordiamo che la nostra posizione di bilancio è migliorata nel 2024”.
Per Giorgetti “si confermano prospettive favorevoli per l’economia italiana, con risultati preliminari più positivi del previsto per il primo trimestre del 2025, in un contesto di elevata incertezza. Tutto ciò ha prodotto il miglioramento delle prospettive del debito italiano, creando slancio e fiducia”.
Giorgetti ha sottolineato che “l’Italia si impegna a uscire tempestivamente dalla procedura d’infrazione. Tuttavia, registriamo un problema che dobbiamo risolvere. Le raccomandazioni invitano gli Stati membri ad aumentare la spesa per la difesa”.
Il problema, ha continuato il ministro, “è che questi aumenti vengono trattati in modo asimmetrico: gli Stati membri al di fuori della procedura per deficit eccessivo possono utilizzare la flessibilità della clausola nazionale di salvaguardia (Nec) ed evitare una procedura per deficit eccessivo anche con disavanzi superiori al 3%, mentre gli Stati membri già in procedura per deficit eccessivo non possono utilizzare la stessa flessibilità e uscire dalla procedura se il loro disavanzo è superiore al 3% a causa della spesa per la difesa”.
La questione della disparità di trattamento per i Paesi sotto procedura ai fini della spesa aggiuntiva nella difesa si era già posta quando Ursula von der Leyen aveva lanciato il piano ReArmEu, poi ribattezzato Readiness 2030 dopo che Italia e Spagna avevano fatto notare che il nome non era tra i più azzeccati.
Il piano ReArmEu, che prevede l’applicazione della clausola nazionale di salvaguardia in modo da consentire ai Paesi di spendere un 1,5% del Pil in più l’anno nella difesa, era stato immediatamente visto da molti osservatori come un modo per facilitare il riarmo della Germania.
Per il ministro Giorgetti, “accettare l’invito ad aumentare la spesa per la difesa impedirebbe per sempre la nostra uscita dalla procedura d’infrazione”.
Pertanto, per il politico lombardo, “è fondamentale trovare una soluzione per aggiornare queste regole all’emergenza che stiamo vivendo, per evitare che sembrino stupide e senza senso”.
Sono sedici i Paesi UE che hanno chiesto l’attivazione della clausola nazionale di salvaguardia: Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Croazia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Finlandia.
Di questi, tre (Belgio, Polonia e Slovacchia) sono anche loro sotto procedura per deficit eccessivo.
Stando così le cose, ha segnalato Giorgetti, se l’Italia dovesse aumentare le spese per la difesa come chiede la Nato, rischierebbe di pagare un prezzo molto alto.








