“L’immigrazione compensa in parte il deficit dovuto alla dinamica naturale negativa ormai da lunghi anni. Nel 2024 le immigrazioni dall’estero – 435mila – sono state più del doppio delle emigrazioni, generando un saldo migratorio positivo di 244mila unità. I cittadini stranieri che nel 2024 hanno trasferito la loro residenza nel nostro Paese sono stati 382mila, l’1% in più sul 2023. Detto questo, la quota degli stranieri residenti in percentuale sulla popolazione in Italia è attorno all’11%, contro più del 20% in Germania, il 18% in Spagna o il 13-14% in Francia”.
Lo afferma il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli in un’intervista a La Stampa.
Perché 100mila giovani laureati hanno lasciato l’Italia?
“Circa 97mila laureati di cittadinanza italiana, che hanno lasciato il Paese nel corso dell’ultimo decennio, al netto dei rientri, sono un significativo deficit di capitale umano qualificato. Segnalo con preoccupazione che il 2023 si è contraddistinto per un nuovo slancio degli espatri di giovani laureati tra i 25 e i 34 anni: se ne contano 21mila (+21,2%), un livello senza precedenti da quando si monitorano i flussi di capitale umano qualificato in uscita. Contestualmente, si registra una contrazione dei rientri in patria di giovani laureati, scesi a 6mila (-4,1% rispetto al 2022). Ne deriva una perdita netta di poco più 15mila giovani risorse qualificate di cittadinanza italiana”.
Inoltre, sottolinea che nel 2022 “la retribuzione oraria dei giovani italiani fino a 29 anni era inferiore a quella della media Ue (11,7 rispetto a 13,4 euro), anche a parità di potere d’acquisto. L’Italia si trova in undicesima posizione dopo Francia, Austria, Germania, Svezia, Lituania, Finlandia, Lussemburgo, Irlanda, Belgio e Danimarca che presenta il valore più elevato”.
Chelli fotografa quindi l’impatto dell’inverno demografico sul sistema economico: “L’invecchiamento e il rischio di mancato ricambio generazionale riguarda il 30% delle imprese, si tratta in larga parte di micro-attività”.
In molti casi, sottolinea, il pensionamento del titolare determina una chiusura dell’attività.
Inoltre evidenzia che “nel 2022 gli occupati sotto i 35 anni raggiungevano il 36% nelle imprese con meno di 5 anni, a loro volta più frequentemente gestite da imprenditori giovani, e fino a quasi il 40% nelle attività dei servizi ad alta tecnologia. Sono proprio queste le imprese innovatrici e più digitali, dove il capitale umano qualificato sotto i 35 anni si è rivelato un elemento cruciale”.