Nella sua ultima riunione la Bce ha messo in pausa l’aumento dei tassi dopo 10 rialzi consecutivi a fronte di un outlook di crescita debole nell’Eurozona.
Tuttavia non vi è alcun taglio all’orizzonte e c’è chi non esclude addirittura ulteriori aumenti.
Credo che sia necessaria un’attenta riflessione sulle conseguenze che questo scenario può avere sul settore non performing e in particolare sui crediti con garanzia del Mediocredito Centrale, un ambito che nasconde una criticità di cui non tutti forse sono consapevoli.
Negli ultimi anni si sono susseguiti almeno tre eventi che hanno avuto un impatto tendenzialmente negativo sull’economia globale.
Il primo è stato il Covid, una crisi il cui grave effetto recessivo è stato però gestito con estrema efficacia sia dagli Stati Uniti che dall’Europa.
Nel Vecchio Continente abbiamo assistito a una coesione strategica “non ordinaria” tra i Paesi dell’Unione che è stata determinante.
Tra le misure adottate in Italia, che hanno contribuito a contenere la recessione, vi sono state senz’altro le garanzie Mcc sui crediti alle pmi e ai professionisti, che hanno consentito di finanziare situazioni che sarebbero rimaste escluse dal credito in un environment ordinario.
Il secondo evento è stata la guerra tra Russia e Ucraina, cui è seguito un innalzamento esponenziale del prezzo dell’energia, con un’incidenza dei costi energetici sui costi di produzione totali dell’industria manifatturiera che è passato dal 2,5% prima del conflitto al 4,5% nel 2022, con conseguente fiammata inflazionistica.
A questo punto è intervenuta la Bce creando di fatto un terzo evento tendenzialmente recessivo con il forte innalzamento dei tassi.
Come conseguenza, per le imprese italiane il tasso medio di interesse sul debito è passato dall’1,16% del settembre 2021 al 5,35% del settembre 2023, con un incremento addirittura del 460%.
Se fino al 2022 l’incidenza del costo degli oneri finanziari sul fatturato era in un intorno del 2%, con l’esplosione dei tassi si può arrivare a stimare per il 2024 un’incidenza di circa il 9%.
Il debito è una “materia prima” essenziale per le imprese; pertanto, l’innalzamento del suo costo del 460% determinerà un impatto inflattivo tre volte maggiore dello shock (per altro largamente rientrato) del costo dell’energia, in aggiunta alle prevedibili conseguenze in tema di solvibilità.
Vale la pena sottolineare che, sulla base di queste riflessioni, l’attuale livello dei tassi potrebbe quindi contribuire ad alimentare la spirale inflazionistica, invece che arginarla come nelle intenzioni della Bce.
Tornando al credito, la successione dei tre eventi ha effetti molto rilevanti sui non performing loans.
In particolare, l’innalzamento dei tassi produce una crescita esponenziale del rischio di default, oltre a far svalutare gli asset non performing sul mercato secondario, determinando una minor redditività per gli investitori che li detengono.
Merita un approfondimento specifico il tema delle garanzie Mcc, con un focus sui “piccoli finanziamenti” di importo inferiore ai 30.000 euro – oggi in Italia ve ne sono 1,2 milioni, un numero straordinario.
Se, nello scenario che abbiamo descritto, le banche dovessero arrivare a escutere queste garanzie, si innescherebbe un circolo veramente vizioso.
Con l’escussione, infatti, il debito contratto da un’impresa o un professionista non sarebbe più verso la banca, ma verso l’erario e quindi il soggetto diverrebbe “debitore” nei confronti dello Stato.
Questa dinamica può generare un effetto slavina molto rilevante.
Un’escussione di garanzie su scala di centinaia di migliaia di posizioni può rendere molto difficile la vita alla classe imprenditoriale medio-piccola italiana, che non riuscirebbe più ad avere accesso al credito bancario: quasi tutte le banche, infatti, hanno regole di rating interno che escludono la finanziabilità del soggetto in presenza di un debito con l’erario.
La soluzione per evitare questo effetto sarebbe consentire alle banche di concordare con i debitori dei piani di ristrutturazione del debito senza perdere la garanzia, un’opzione che attualmente non è prevista dalla norma, e che consentirebbe di rimandare l’escussione creando un efficace ammortizzatore temporale.
In questa ipotesi, sarebbe auspicabile prevedere un’asseverazione da parte di un soggetto tecnico indipendente sulla ragionevolezza di ciascun piano di ristrutturazione.
A ogni modo, è cruciale intervenire in tempo utile, allentando la pressione sui tassi e aggiornando la normativa, perché il rischio che questa “onda di piena” dilaghi è abbastanza rilevante.








