«Esiste davvero una riconoscibile “cultura” no vax, basata su credenze e valori condivisi?», si chiede Maurizio Ferrera, che sostiene che «così non sembra». Questo nonostante il New York Times abbia definito l’ondata di proteste contro i vaccini e le restrizioni proprio come uno «scontro culturale».
«Le motivazioni di chi non vuole vaccinarsi sono infatti disparate, a volte fra loro incompatibili. Insomma, il mondo no vax è internamente molto differenziato dal punto di vista culturale. E lo è anche sul piano dell’estrazione sociale e delle preferenze politiche», dice Ferrera sul Corriere della Sera.
«Vi sono alcune frange estremiste e molti no vax guardano a destra, ma per ora nessun partito può vantare il monopolio della rappresentanza. In assenza di qualche collante ideologico, la condivisione di un singolo interesse o obiettivo (no ai vaccini, appunto) in genere non basta per dar vita a movimenti capaci di durare nel tempo. La pandemia» scrive l’editorialista «sta offrendo oggi un terreno fertile per l’emergenza di un nuovo ciclo populista. La protesta contro i vaccini potrebbe allargarsi al rifiuto di pagare le sanzioni. Oppure indirizzarsi contro i costi e i sacrifici che saranno inevitabilmente causati dalla transizione verde. Le democrazie liberali hanno pochi strumenti per evitare questo tipo di conflitti».
«Non ci sono che il dialogo, la ricerca di compromessi e, naturalmente, l’applicazione della legge. In situazioni di emergenza queste strategie potrebbero non bastare. La pandemia sta dimostrando come la gestione di interessi contrapposti ma interdipendenti sia particolarmente difficile: richiede un bilanciamento fra il rispetto dei principi fondamentali e l’adozione di misure efficaci a tutela della salute. Se il rischio principale è oggi l’innesco di una nuova e turbolenta stagione populista, la priorità dovrebbe essere quella di dialogare innanzitutto con gli incerti, i timorosi, i disinformati».
«La capacità dei partiti e della politica in generale di orientare l’opinione pubblica si è oggi molto indebolita rispetto al passato. Per questo è importante il contributo della società civile. I tempi di uscita dalla pandemia purtroppo li decide il coronavirus. Il modo in cui ne usciremo dipende però da noi cittadini. La democrazia ci concede questo privilegio, usiamolo con responsabilità».
Per saperne di più:








