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[L’intervento esclusivo] Emanuele Peschi (funzionario ISPRA): «Sulla riduzione delle emissioni l’Italia è in ritardo rispetto agli obiettivi europei, per colpa di trasporti e riscaldamenti»

I RELATORI

Emanuele Peschi, funzionaria ISPRA, ha rilasciato delle dichiarazioni in esclusiva all’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia in occasione del webinar online, dal titolo “Il clima che cambia, politiche di mitigazione e adattamento”. L’evento è stato moderato da Antonello Barone, ideatore del Festival del Sarà, e ha visto come ospite anche Castellari, Primo tecnologo INGVesperto di clima e ambiente come Rappresentante Permanente dell’Italia alle Nazioni Unite, e Marina Vitullo, funzionario ISPRA.

Gli obiettivi dell’Europa

Prima di parlare della situazione in cui siamo oggi in Italia sul clima, dobbiamo sottolineare che nell’ambito degli Accordi di Parigi l’Unione Europea nel suo insieme ha scelto di darsi come obiettivo di ridurre entro il 2030 le emissioni totali nette del gas serra del 55% rispetto alle emissioni del 1990 e di arrivare ad emissioni zero nel 2050. Questo è un obiettivo che l’Europa si è assunta nel suo insieme, a prescindere dalla suddivisione nei singoli Paesi.

In questi obiettivi sono stati inclusi anche gli assorbimenti, e quindi si tiene conto del ruolo delle foreste e del suolo come luoghi capaci assorbire Co2. Questo obiettivo che l’Europa ha ufficializzato con la Legge Europea sul Clima, ossia il Regolamento 1119 del 2021 è accompagnato da un pacchetto di proposte della Commissione Europea chiamato fitfor55, pronti per il 55%, che va a insistere su una serie di aspetti che poi determinano le emissioni.

A livello europeo esistono dei meccanismi di scambio dei diritti di emettere le emissioni a cui partecipano i grossi impianti industriali e gli impianti di generazione termoelettrica. La Commissione Europea ha chiesto una riforma per estendere l’ambito di applicazione di questo meccanismo e ha anche proposto di aumentarne l’efficacia in termini di sottrazione delle quote annue consentite dalla totalità degli impianti.

Per tutte le emissioni che non sono inserite in questo sistema, vengono invece stabiliti degli obiettivi vincolanti a carico dei Paesi membri. Quindi ogni Paese deve emettere delle norme che limitino queste emissioni, come quelle dei trasporti, da riscaldamento, dall’agricoltura. Questi obiettivi sono vincolanti per i Paesi, e se non vengono rispettati il singolo Paese deve andare a cercare di acquistare le emissioni che sono state ridotte in qualche altro Paese Europeo ben al di sopra dei limiti importi a quello specifico Paese.

Ci sono poi tutta una serie di limiti che riguardano le rinnovabili, l’efficienza energetica, lo sviluppo della tecnologia dei trasporti con i fattori di emissione per auto e furgoni. Questo per inquadrare qual è la situazione dell’Italia nel contesto europeo.

La situazione dell’Italia

Veniamo alla situazione dell’italia. Dobbiamo subito dire che i comportamenti umani hanno contribuito ad innalzare le emissioni negli ultimi 30 anni. Negli utimi 30 anni l’Italia ha ridotto le proprie emissioni nette di poco meno il 30 per cento. Se ci volessimo confrontare con l’obiettivo che l’Europa si è data nell’insieme, siamo circa a metà strada. Ovviamente non tutti i Paesi hanno contribuito allo stesso modo, quindi nel prossimo futuro il carico e lo sforzo che dovrà essere fatto non sarà omogeneo tra i vari Paesi anche in virtù delle diverse situazioni economiche.

La cosa importante nell’analisi di questi numeri è andare a vedere quali settori hanno contribuito alla riduzione delle emissioni e quali invece sono andati nel verso sbagliato. Qui la cosa diventa un pochino più complicata.

In base all’analisi delle serie storiche si vede che il settore della produzione elettrica così come il settore delle industrie manifatturiere più energivore, più grandi, negli ultimi anni ha visto una riduzione consistente delle emissioni. E questo per vari ordini di fenomeni. Di sicuro soprattutto sulla parte della produzione dell’energia elettrica hanno inciso molto le politiche che sono state adottate a partire dagli anni ’90 non solo per ridurre le emissioni clima-alteranti ma anche per ridurre le emissioni inquinanti, che hanno portato poi a un abbandono delle fonti fossili più sporche, come l’olio combustibile e il carbone, verso il gas naturale prima e poi verso le fonti di produzione rinnovabili, in particolare eolico e fotovoltaico.

Per quanto riguarda invece la produzione industriale, in parte valgono le stesse considerazioni, ossia la pressione della legislazione volta a migliorare le condizioni ambientali ha portato a rendere migliori i processi più inquinanti portando a un consumo minore di risorse e di risorse più pulite. Ma hanno inciso molto anche fattori economici, infatti si notano riduzioni particolarmente importanti subito a ridosso del 2008, in corrispondenza della prima crisi economica globale.

I settori che ancora producono emissioni

Altri settori che riguardano la vita di tutti noi nella nostra quotidianità anche non lavorativa non hanno dato lo stesso contributo in termini di riduzione, soprattutto con riferimento ai trasporti e alle emissioni degli edifici dovuti ai riscaldamenti. Questi due settori non stanno dando dei risultati particolarmente evidenti.

Sul settore dei trasporti è stato fatto molto in termini di nuove tecnologie, perché le macchine di oggi sono più efficienti, consumano meno e quindi emettono meno di 30 anni fa. Il problema è che la domanda di trasporto privato continua a crescere. Quindi abbiamo tecnologie migliori ma un consumo maggiore.

L’effetto combinato di questi due fenomeni è che le emissioni del trasporto, salvo oscillazioni, rimangono grosso modo le stesse.

Discorso analogo si può fare per le emissioni prodotte dai riscaldamenti del settore residenziale ma anche del terziario con albergo, uffici e servizi. Anche lì nonostante le politiche fatte di bonus e superbonus tendano a ridurre le emissioni, in realtà vediamo che negli ultimi 10 anni circa non c’è un chiaro trend di diminuzione. Ci sono delle variazioni che però rispecchiano fondamentalmente la differenza che abbiamo negli anni del clima esterno, in base alle temperature più rigide o più temperate.

Il quadro dell’Italia

Il quadro che emerge dell’Italia è un quadro fatto da luci e ombre. Riassumendo possiamo dire che anche in quei settori in cui la capacità di investimento e di intervenire su grandi sorgenti i risultati sono stati più evidenti; quei settori in cui le sorgenti sono più sparpagliate e polverizzate i cui operatori siamo noi cittadini, quindi con minori capacità di investimento, le emissioni non si stanno riducendo.

Le misure di mitigazione nel segmento energy

Quando noi parliamo di dove andare a ridurre le emissioni, la prima cosa di cui sentiamo parlare sono le rinnovabili come strumento principale. In parte è vero, però dobbiamo tenere presente che le emissioni generate dalla produzione di energia elettrica rappresentano solo il 20 per cento delle emissioni nazionali, quindi se anche andassimo a ipotizzare di fare tutto solo con le energie rinnovabili, e fare a meno del gas e delle altre fonti fossili che utilizziamo per l’energia elettrica, avremmo ridotto le nostre emissioni del 20 per cento.

Non saremmo quindi in linea con gli obiettivi europei al 2030, figuriamoci con la decarbonizzazione.

Bisogna perseguire la strada delle rinnovabili, ma non è l’unica cosa che dobbiamo fare. Escluse infatti le emissioni da energia elettrica, ci accorgiamo che sul resto la situazione è cambiata poco nella storia, e se non adottiamo delle politiche importanti cambierà poco anche nel futuro.

In particolare, se non si adottano politiche molto aggressive sul settore dei trasporti e sul settore dei riscaldamenti sarà veramente difficile essere in linea sia con l’impegno che si è data l’Europa sia come impegno che ci siamo dati come Italia di raggiungere la neutralità emissiva entro il 2050.

Quindi anche la Piccola Impresa dovrà dare il suo contributo, così come anche l’agricoltura. Anche se questi due settori impattano meno dei trasporti e dei riscaldamenti, che rimangono i due settori principali su cui è necessario intervenire in maniera consistente.

Le opzioni sul tavolo

Per quanto riguarda l’energia elettrica, le tecnologie per ridurre le emissioni ci sono e le conosciamo, quindi sappiamo quale debba essere la strada da seguire. Non significa che sia facile farlo, però sappiamo che dobbiamo installare più fotovoltaico, più eolico, migliorando l’efficienza dei nostri processi, per come questa energia viene utilizzata.

Andremo inoltre verso una maggiore complessità del sistema, avremo bisogno di batterie, avremo bisogno di idrogeno, potremo avere bisogno di sistemi di cattura della Co2, che applicati ad impianti di grossa dimensione possono costituire un salvagente in mancanza di migliori strategie di riduzione.

Stessa cosa per i trasporti e le nostre abitazioni e i nostri uffici, le tecnologie ci sono, sappiamo che avremo bisogno dell’auto elettrica, sappiamo che il trasporto di lungo raggio e il trasporto pesante avremo bisogno di idrogeno o di biocarburanti, o di e-fuels, cioè carburanti derivati dalla cattura della Co2 di altri processi.

Ugualmente per gli edifici, sappiamo che se sostituiamo le caldaie con delle pompe di calore non solo aumentiamo l’efficienza, ma se l’elettricità che alimenta quelle pompe di calore è prodotta da fonti rinnovabili, stiamo anche diminuendo le emissioni.

Dobbiamo quindi abituarci alla complessità, non esiste una soluzione che vale per tutto, esistono tante piccole soluzioni che però messe tutte insieme ci danno la forza per fare questi cambiamenti, quindi non bisogna scoraggiarsi.

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