“Acque agitate nel capitalismo italiano, soprattutto fra le banche e le assicurazioni: offerte pubbliche di acquisto o di scambio, triangolazioni, dichiarazioni contrastanti fra loro di questo o quell’azionista importante di grandi aziende quotate alla borsa valori”.
Così Salvatore Rossi su La Stampa, in un editoriale sul ruolo dei fondi di investimento:
“La proprietà o la gestione di alcune fra queste aziende potrebbe cambiare nei prossimi mesi. Tutto questo – sottolinea Rossi – è l’essenza del capitalismo in un’economia di mercato. Purché avvenga con trasparenza nei confronti del pubblico, e le motivazioni di tutti siano squisitamente economiche, cioè riguardino il modo ritenuto migliore di condurre l’azienda nell’interesse dei suoi azionisti, anche nel lungo termine”.
“Ma le cose in Italia non corrispondono alle forme ideali disegnate nei manuali. Perché?
L’ostilità delle due grandi correnti di pensiero che hanno da noi a lungo dominato la politica, riducendo il pensiero liberale in un angoletto di irrilevanza, ha frenato il transito della nostra economia verso le forme evolute che si sono affermate negli altri grandi Paesi occidentali.
Le poche grandi imprese sono state in prevalenza di proprietà dello Stato per decenni.
In generale, l’ingerenza della politica nelle imprese era ed è tuttora forte.
Tuttavia, dai tempi di Carlo Marx, una novità radicale ha cambiato i connotati del capitalismo nel mondo: l’avvento e la diffusione dei fondi d’investimento.
In Italia i fondi d’investimento pesano per oltre metà del capitale delle imprese quotate.
La loro presenza sta contribuendo, pur con errori, a sollevare il nostro capitalismo dai fondali di un sistema ancora arcaico in alcuni suoi tratti.
Di recente si sono levate in diverse parti del mondo voci critiche nei confronti della libertà d’impresa e di scambio, sia dalla destra sia dalla sinistra degli schieramenti politici.
Le ragioni sono spesso nobili e meritevoli di discussione, alcune volte non hanno fondamento razionale.
Il rischio è comunque che il capitalismo italiano, rachitico e zoppicante, finisca travolto da quest’ondata antiliberale prima di avere raggiunto un sufficiente grado di maturità, mentre altrove – conclude – sistemi più sviluppati e robusti resisteranno alla buriana e potranno riemergere più forti e competitivi”.








