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Ecco il simbolo della resistenza russa | L’analisi di Enrico Franceschini

“La coda è diventata il simbolo della resistenza russa”.

Lo scrive su Repubblica Enrico Franceschini commentando il serpentone umano che si è improvvisamente formato a mezzogiorno di ieri fuori dai seggi per le presidenziali russe in risposta all’appello di Yulia Navalnaya, vedova di Aleksej.

“Una protesta silenziosa, pacifica ma visibile, contro la quinta rielezione di Putin a presidente.

Una rielezione truffa, dall’esito scontato, garantito dalla morte in carcere del leader dell’opposizione e dal ritorno di fatto al candidato unico dell’era sovietica.

Propaganda sfegatata sui media nazionali, censura del dissenso (pure sul web, prendendo lezione dalla Cina) e feroce repressione sono state le armi della campagna elettorale del capo del Cremlino, il quale vuole dimostrare che, dopo due anni di guerra in Ucraina, gode di un sostegno plebiscitario.

Eppure, qualcuno coraggiosamente gli resiste: gli ucraini sul campo di battaglia, l’opposizione russa dandosi appuntamento alla stessa ora ai seggi per manifestare dissenso”.

Scontata la rielezione, “meno chiaro è cosa farà ora Putin.

Rinfrancato dall’ennesima riconferma, potrebbe ordinare una mobilitazione generale per ricavare nuova carne da cannone per la guerra.

Potrebbe essere costretto a svalutare il rublo e aumentare le tasse per far fronte alle spese create dal conflitto.

Potrebbe cambiare squadra di governo, rimpiazzando il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, nell’incarico da vent’anni, e quello della Difesa Sergej Shoigu.

Nell’incertezza che segue le elezioni, tutti aspettano.

E proprio l’attesa, spesso interminabile, era la ragion d’essere della coda sovietica”.

Forse, conclude, “i russi che ieri a mezzogiorno hanno formato una coda di protesta ai seggi, un giorno potranno dire: il 17 marzo 2024 mi ero messo in fila anch’io, ad aspettare la fine di Putin”.

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