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Ecco i veri problemi del lavoro | L’analisi di Claudio Di Donato

Il giornalista economico Claudio Di Donato sulle colonne del magazine digitale Inpiù.net affronta i nodi irrisolti del mondo del lavoro oggi in Italia.

“Negli ultimi 10 anni gli occupati sono aumentati di circa 2,4 milioni, al tempo stesso il tasso di occupazione è salito al 62,2% ma rimane agli ultimi posti in Europa e distante ben 15 punti rispetto alla Germania.

Preoccupante l’andamento dei salari medi reali, che accusano una contrazione del 5% tra il 1997 e il 2023, solo la Grecia ha fatto peggio, poco meglio la Spagna dove però il reddito operativo delle aziende nello stesso periodo è aumentato del 23%, mentre in Italia risulta praticamente invariato.

Non possiamo nemmeno dare la colpa all’avidità degli imprenditori a differenza ad esempio di quanto avvenuto in Portogallo dove le retribuzioni sono salite del 45%, ma i profitti del 242%.

I veri problemi allora sono bassa crescita e produttività stagnante.

Le ore lavorate sono in costante crescita e l’anno scorso hanno superato la soglia dei 44 miliardi, massimo storico dal 2000.

Il problema però è che la crescita, seppur anemica, si realizza in settori a basso valore aggiunto e con margini irrisori di aumento della produttività.

Le ore lavorate nell’industria in senso stretto l’anno scorso sono state meno del 15% del totale (e siamo la seconda manifattura d’Europa), nel 2015 l’incidenza era al 17,6% e nel 2007 intorno al 20%.

Aumenta invece il peso dei servizi alla persona e alla comunità.

Un settore come l’automotive ha registrato un rilevante aumento di produttività, ma in termini di valore aggiunto pesa soltanto il 7% dell’economia italiana, mentre in Germania è pari al 27%.

C’è anche una questione fiscale: sui redditi sotto i 30 mila euro il nodo non è il peso dell’Irpef, ma l’ammontare del lordo.

Al contrario, il famigerato ceto medio sconta un gap consistente: un reddito da lavoro dipendente da 55 mila euro è soggetto a un’imposta lorda di quasi 16 mila euro, in Francia è sotto i 9 mila.

Insomma, se si pongono le domande sbagliate, non si possono avere risposte corrette” conclude Di Donato.

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