Nella riunione della scorsa settimana, il Direttivo della Bce ha sottolineato il rallentamento nella dinamica dei finanziamenti bancari all’economia europea che, nel caso di stati membri come l’Italia, si è già tradotto in una caduta dei livelli assoluti.
Il segnale, che si estende ad altre aree economicamente avanzate (come gli Stati Uniti), è particolarmente grave nel caso dell’euro-area.
Le più ridotte dimensioni medie delle imprese e la debolezza dei frammentati mercati azionari e delle varie forme di private equity fanno sì, nonostante la significativa espansione dei mercati dei corporate bond, che l’autofinanziamento e i prestiti bancari nazionali costituiscano le fonti dominanti di sostegno delle attività correnti e delle strategie di crescita di un’ampia quota delle produzioni europee.
Così, se negli Stati Uniti il ridimensionamento dei prestiti bancari è compensato dalla (pur problematica) espansione del settore finanziario ‘ombra’, nell’euro-area questo analogo ridimensionamento rischia di innescare un circolo vizioso fra caduta della propensione al rischio delle banche e indebolimento delle strategie di crescita delle imprese.
La minaccia di tale circolo vizioso ha oggi particolare rilievo perché l’euro-area persegue il triplice obiettivo di attuare la transizione ‘verde’, assorbire i crescenti ritardi tecnologici rispetto a Usa e Cina e difendere l’inclusione sociale.
Si tratta di obiettivi che, oltre a richiedere ampie risorse pubbliche, impongono la mobilizzazione di ingenti finanziamenti privati.
Per realizzare questa mobilizzazione, è ozioso riesumare l’annoso dibattito se l’arretratezza europea dei mercati finanziari sia la causa o la conseguenza delle troppo piccole dimensioni di impresa; così come è poco rilevante allocare le ‘colpe’ dell’attuale ridimensionamento dei finanziamenti bancari alle debolezze della domanda o ai razionamenti dell’offerta.
Più proficuo è sottolineare che l’uscita dalle difficoltà impone all’euro-area cambiamenti radicali del suo ormai obsoleto modello produttivo.
Tali cambiamenti necessitano del preliminare sostegno di un settore bancario genuinamente europeo per rimuovere vincoli alla crescita.
Tuttavia, essi devono poi avvalersi di fonti non bancarie di finanziamento in grado di addossarsi rischi delle innovazioni.
Insomma, il rallentamento nella dinamica dei crediti bancari fa emergere un problema più strutturale e ben noto: l’euro-area deve completare l’Unione bancaria e rendere operativa l’Unione dei mercati dei capitali.








