Le ultime notizie riferiscono di un Trump “arrabbiato” con Putin e contrario alla sua richiesta di una immediata rimozione di Zelensky. Ma le pretese russe e americane sull’Ucraina restano preoccupanti.
La Russia non solo non prevede alcun arretramento dai territori invasi, ma reclama l’annessione anche di territori sotto controllo ucraino e l’acquisizione di importanti impianti, tra cui la più grande centrale elettronucleare del Paese. Pretende inoltre di interferire pesantemente sul governo dell’Ucraina, limitandone la sovranità.
Gli Stati Uniti, dal canto loro, accrescono le loro pretese sui proventi dello sfruttamento delle terre rare, pretendendone l’intero importo fino al completo rimborso delle spese militari finora sostenute, con totale accollo all’Ucraina dei rischi connessi.
Zelensky non si oppone allo sfruttamento congiunto delle terre rare, ma contesta che l’assistenza militare fornita all’Ucraina costituisca un suo debito.
Non conosciamo il contenuto degli accordi fatti a suo tempo, ma non appare equo che l’alleato americano, dopo aver incoraggiato con l’offerta dell’aiuto militare l’Ucraina a combattere da sola sul campo per una causa comune una guerra definita da molti “per procura”, subendo centinaia di migliaia di vittime e la distruzione del paese, pretenda ora dall’Ucraina non solo la rinuncia all’obiettivo per cui ha combattuto, ma anche il rimborso delle armi ricevute.
Trump si è più volte compiaciuto del “buon lavoro” che sta svolgendo con Putin nel dividersi gli “assets” dell’Ucraina (alle “liabilities” ci penseranno l’Ucraina e l’Europa). E il buon lavoro si estende probabilmente ad un accordo sul riassetto geopolitico mondiale, di cui l’Ucraina potrebbe far le spese.
Nel qual caso il ruolo degli USA sarebbe quello di indurre l’Ucraina ad accettare quanto da essi concordato con la Russia, com’era apparso evidente nell’incontro alla Casa Bianca del 28 febbraio. In questo negoziato l’interesse dell’Ucraina non è dunque rappresentato e l’accordo che le sarà imposto potrebbe essere di fatto una resa.
Solo l’Europa, se decide di lasciare la porta dell’Unione aperta all’Ucraina, ha un obiettivo interesse a difenderla, perché ogni mutilazione territoriale e distruzione o appropriazione di risorse o riduzione di sovranità inflitta all’Ucraina sarebbe inflitta anche all’Unione.
A tal fine i “volonterosi” stanno cercando di mettere insieme una forza di garanzia per proteggere l’Ucraina e favorire il processo di pace a tregua conclusa. Ciò non può tuttavia contribuire all’equità dell’accordo di tregua, la quale richiede che l’Ucraina sia sottratta alle possibili pressioni pro-Putin di Trump garantendole che l’Europa e i suoi alleati continueranno la loro assistenza militare e la estenderanno, se fosse necessario, anche per supplire al venir meno di quella americana.
Obiettivo non facile da realizzare, soprattutto per l’intelligence operativa, ma non impossibile, a condizione che venga realizzata una gestione efficiente delle risorse disponibili e dei necessari incrementi produttivi attraverso il coordinamento-integrazione delle procedure decisionali dei Paesi partecipanti.
Ne conseguirebbe anche l’obiettiva necessità di un coinvolgimento europeo nei negoziati, che l’Europa dovrebbe sostenere con una autonoma e decisa iniziativa diplomatica sia verso la Russia, sia verso le altre potenze mondiali. Non è concepibile che l’Europa sia esclusa dalla gestione di un conflitto in cui è direttamente coinvolta e che riguarda i suoi confini e la sua sicurezza.








