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È l’ora dell’economia di guerra | L’analisi di Paolo Balduzzi

Tre anni fa, l’11 marzo 2022, ricorda Paolo Balduzzi su Il Messaggero, a margine di un vertice informale tenutosi a Versailles subito dopo l’invasione russa in Ucraina, alcuni giornalisti chiesero all’allora Presidente del Consiglio, Mario Draghi, se l’Europa avrebbe a breve sperimentato un’“economia di guerra”.

La risposta del premier fu categoricamente negativa: e per questi tre anni la validità di quella negazione è rimasta intatta.

Tuttavia, il progetto di Ursula von der Leyen di investire fino a 800 miliardi di euro nei prossimi quattro anni in spese e investimenti per la difesa e la deterrenza potrebbe aprire una fase nuova.

È difficile definire precisamente cosa sia un’economia di guerra, soprattutto perché ogni conflitto e ogni epoca storica hanno caratteristiche molto peculiari.

Tuttavia, destinare gran parte del bilancio pubblico al capitolo della difesa, e finanziarlo attraverso debito pubblico, costituisce certamente uno degli aspetti più paradigmatici di tale espressione.

L’esperienza recente più simile a quello che potrebbe accadere, tuttavia, poco ha a che fare con un conflitto.

Fu infatti in occasione della pandemia da coronavirus che la Commissione europea annunciò e realizzò interventi straordinari, finanziati in deroga a tutte le regole sul deficit e, a volte, anche a quelle sulla governance.

A differenza di oggi, allora la difesa della salute sostituiva quella dei confini.

Come oggi, invece, anche allora il secondo dividendo di tutti gli investimenti sarebbe stato la difesa delle nostre economie.

È sbagliato, e miope, pensare che il nuovo piano europeo ReArm Europe, nonostante un nome poco azzeccato, abbia il solo fine di incrementare i nostri arsenali.

Le guerre moderne, soprattutto a partire dalla guerra fredda del secolo scorso, si giocano su un piano di innovazione e altissima tecnologia, le cui ricadute di medio-lungo periodo influenzano la vita ordinaria molto di più di quanto è possibile immaginare.

Internet, per esempio, nacque proprio come una tecnologia militare.

Vale inoltre la pena di ricordare che quella dell’innovazione, guerra o non guerra, è comunque una sfida che l’Europa dovrà al più presto affrontare, per non restare ai margini dei commerci e delle influenze mondiali.

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