La riunione a Londra in un formato inedito di 16 Paesi denominata “Coalition of the willing” (Coalizione dei volonterosi) è alla ricerca di una soluzione che salvi l’Ucraina e la faccia dell’Occidente dopo tre anni di una guerra condotta per riportare la Russia nei suoi confini e che invece rischia di certificarne l’ampliamento.
Erano presenti i leader di Francia, Germania, Italia, Spagna, Polonia, Danimarca, Finlandia, Svezia, Romania, Repubblica Ceca (appartenenti sia alla UE che alla Nato), Gran Bretagna, Norvegia, Turchia, Canada (membri della Nato), i Presidenti del Consiglio e della Commissione Europea Costa e Von der Leyen, il segretario generale della NATO Rutte e ospite di riguardo Zelensky.
Dopo la inqualificabile sceneggiata del duo Trump-Vance nello studio ovale della Casa Bianca, ricucire lo strappo con gli Usa appare allo stato attuale un’impresa ardua, ma per molti Paesi imprescindibile.
A maggior ragione poiché Trump potrebbe decidere di sospendere gli aiuti militari già decisi da Biden in favore dell’Ucraina, lasciando i Paesi europei e gli altri membri Nato nell’imbarazzo di come risolvere il problema ucraino senza concedere la resa a Putin.
Francia e Gran Bretagna sono determinate a presentare un piano di pace che comporterebbe, dopo un mese di tregua, in una prima fase l’impegno a garantire la sicurezza dell’Ucraina con il backstop degli Usa, per assumersene successivamente tutti gli oneri, ivi compreso il dispiegamento di un contingente di peace-keeping sul suolo ucraino.
Ma con questa proposta entrano in gioco interessi divergenti dei vari Paesi, soprattutto quando si tratta di aumentare le spese militari per definire l’architettura di una Difesa comune europea.
Il problema è che mentre la componente baltico-polacca sembrerebbe percepire il pericolo esistenziale che può rappresentare per l’Europa la Russia di Putin, altri Paesi sperano ancora di poter ristabilire relazioni amichevoli col Cremlino e in un ripensamento di Trump per quanto riguarda l’assistenza all’Ucraina e i legami con l’Europa.
Tuttavia, se la Germania deciderà di sostenere il piano franco-inglese sarà difficile per gli altri paesi e in particolare per l’Italia restarne fuori, salvo provocare una grave frattura all’interno dell’Ue, come avvenne ai tempi della guerra in Iraq.
Si tratta in effetti di spezzare la perversa convergenza di interessi che si delinea all’orizzonte tra gli attuali Presidenti russo ed americano che hanno come obiettivo dichiarato il drastico ridimensionamento delle ambizioni dell’Europa come soggetto politico, che potrebbe rappresentare un terzo incomodo nella spartizione del potere mondiale.
Di fronte a questa prospettiva, tutti gli europei dovrebbero prendere piena coscienza del pericolo di veder disperso il patrimonio di valori comuni costruito con difficoltà e pazienza negli 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, senza il quale è difficile intravvedere un futuro di autonomia e indipendenza delle nostre democrazie.”








