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Don Antonio Coluccia e la lotta contro la dilagante cultura mafiosa | L’intervento del presidente Luigi Balestra

Don Antonio Coluccia è un amico dell’Osservatorio Riparte l’Italia, al quale ogni individuo che creda nei valori della pacifica convivenza civile e della legalità dovrebbe esprimere la propria personale gratitudine.

Al pari di tanti altri “missionari” impegnati fattivamente nel sociale – Don Antonio Loffredo, anch’Egli amico dell’Osservatorio, ne è un fulgido esempio – Don Antonio Coluccia si sta dando carico di portare negli ambienti più difficili e degradati un messaggio di speranza, al tempo stesso facendosi promotore di un cambiamento culturale che, cominciando dai giovani, possa decretare una radicale inversione di rotta in grado di far proseliti in ogni strato della popolazione.

Egli lo fa in alcune delle zone più difficili del nostro Paese, dove l’impressione che ricava chi osa addentrarvisi è quella di uno Stato e, più in generale, di una collettività che sembra avere abdicato al suo fondamentale e primigenio ruolo di garantire, prima di tutto, serenità e benessere a tutti coloro i quali sono in quel contesto insediati.

L’aggressione nei confronti di Don Antonio Coluccia di qualche giorno fa è soltanto l’ennesima di una lunga serie che vede la criminalità organizzata impegnata nel tentativo di arginare quel che, agli occhi dei criminali, appare e viene vissuto come un attacco all’indisturbata possibilità di delinquere e all’impunità.

Occorre dunque, senza esitazioni, plaudire alla tenacia con cui Don Antonio persegue il virtuoso obiettivo di estirpare il terribile male.

Penso, peraltro, che da questa vicenda si possano trarre alcune indicazioni che ben possono lasciare più di una speranza.

In primo luogo, è evidente l’insofferenza della criminalità organizzata verso questo tipo di iniziative; esse generano fastidio perché squarciano il velo e mettono in pericolo alcuni dei tratti caratteristici su cui si fonda la vitalità delle organizzazioni criminali: condivisione da parte del più ampio numero di persone possibile e, per il resto, omertà e silenzio dettati dalla paura.

Quel che tali organizzazioni non possono tollerare – e su cui da anni Don Antonio Coluccia sta lavorando – è l’indignazione, la quale, quanto più si estende, tanto più è in grado di mettere sotto scacco chi pretende di nutrire la propria esistenza, condizionando del pari quella altrui, attraverso la sistematica violazione della legge.

In secondo luogo, è una vicenda – tra le tante meritevoli di narrazione – che dovrebbe servire a sensibilizzare la politica, tutta e senza distinzione di coloritura, al fine di inserire nell’agenda una progettualità futura che sia realmente in grado di emancipare i territori difficili dalla dilagante cultura mafiosa.

Questo nella consapevolezza che la lotta alla criminalità organizzata – per giungere a decretare un reale successo – va oltre l’impegno generoso della magistratura e delle forze dell’ordine, in quanto richiede un coinvolgimento di tutti: istituzioni, corpi intermedi, mondo delle imprese e delle professioni, società civile.

La solidarietà espressa a Don Antonio Coluccia dalla Presidente del Consiglio Meloni rappresenta certamente un sostegno, per chi è in prima linea, di fondamentale rilievo.

Sarebbe bello che il “Siamo al tuo fianco, sempre” venisse sottoscritto da tutti i leader politici, così comunicando un’unità di intenti rispetto a problemi da troppo tempo non adeguatamente attenzionati e affrontati, se non episodicamente in occasione di eclatanti episodi di cronaca.

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