Il mercato digitale vale in Italia 81,6 miliardi di euro, pari al 3,73% del Pil nominale, con una crescita nell’ultimo anno del +3,7%. Eppure, sul fronte della digitalizzazione dei servizi pubblici e privati, dei cittadini e delle Pmi, il nostro Paese risulta ancora indietro rispetto al resto d’Europa.
I dati arrivano da un dossier realizzato da Consumers’ Forum, ente indipendente di cui fanno parte associazioni di consumatori, imprese e loro associazioni di categoria, istituzioni, presentato alle istituzioni europee nell’ambito di un incontro ufficiale con la Dg Just della Commissione Europea e con gli europarlamentari della Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (Imco).
Poco più di un italiano su due (il 55% del totale) utilizza i servizi digitali della Pubblica amministrazione – pagamenti, prestazioni sanitarie, comunicazioni – contro una media europea del 70%. Nella classifica sui servizi burocratici online, l’Italia si colloca al terzultimo posto in Ue: peggio fanno solo Bulgaria (31,5%) e Romania (25,3%). Percentuali lontanissime da quelle di Danimarca, al primo posto con il 98,5% dei cittadini che interagisce online con l’amministrazione, seguita da Paesi Bassi (96%) e Finlandia (95,4%).
Non solo: in Italia il trend di utilizzo dei servizi digitali è in peggioramento, con una diminuzione del -5% rispetto al 2023, analizza Consumers’ Forum. Sul fronte delle competenze digitali dei cittadini, solo il 46% degli italiani possiede competenze di base, un dato inferiore alla media europea (54%) e ben lontano dall’obiettivo dell’80% fissato dalla Commissione Ue per il 2030. Le competenze crollano al di sotto del 30% tra la popolazione over 60.
La situazione non va meglio per le imprese, evidenzia Consumers’ Forum. Solo il 58% delle Pmi italiane raggiunge un livello base di intensità digitale, rispetto al 69% della media Ue. Le aziende italiane investono solo lo 0,9% del loro fatturato nella digitalizzazione, rispetto all’1,5% della media europea (2,4% in Germania). Il 6% delle imprese italiane utilizza l’intelligenza artificiale, rispetto al 10% della media Ue, mentre il cloud computing è adottato dal 22% delle imprese italiane contro una media Ue del 34%.
L’Italia ha deciso di destinare circa 48 miliardi di euro, pari al 25% del Pnrr, alla transizione digitale, con progetti per la digitalizzazione delle imprese e dell’e-government, e per il miglioramento delle infrastrutture e delle competenze digitali, con un ruolo centrale del settore pubblico.
Tuttavia, esaminando lo stato di avanzamento dei progetti dedicati alla migrazione al cloud dei comuni, a giugno 2025 solo il 68% dei 7.616 comuni coinvolti aveva completato con successo la migrazione. Oltre la metà dei comuni italiani sopra i 20mila abitanti dispone di una velocità di download superiore ai 100 Mbps, ma più dell’80% degli enti sotto i 5mila abitanti ha stipulato contratti con velocità inferiori ai 100 Mbps, e oltre il 30% sotto i 10 Mbps.
Solo in un terzo dei comuni italiani la gestione dei servizi demografici, edilizia e urbanistica e servizi scolastici è completamente erogata in modalità digitale – front e back office – e il 25% non ha ancora digitalizzato nessuno di questi servizi. Oltre la metà dei comuni non ha digitalizzato alcun aspetto dei servizi collegati al patrimonio, alla gestione dei servizi sociali e disabilità (welfare).
Ancora peggiore il dato sulle prenotazioni online degli appuntamenti, inutilizzate in quasi un terzo dei comuni e con un utilizzo molto basso per il 45% degli enti.