“Il dazio del 15% su gran parte delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti è stato presentato come un compromesso. In realtà, è una resa strategica per evitare un’escalation al 30 o al 50%”.
Così Gabriel Debach, market analyst di eToro.
«Non è un passo avanti, ma un passo indietro più piccolo del previsto. Le eccezioni su alcuni settori (l’esclusione dei farmaci, il mantenimento dei dazi su acciaio e alluminio al 50%) non cambiano l’impianto generale: l’Europa ha accettato una penalizzazione strutturale in cambio di stabilità», sottolinea.
«I 600 miliardi di dollari in investimenti promessi dagli europei e i 150 miliardi in acquisti di energia e armamenti statunitensi non sono uno stimolo alla cooperazione: sono una tassa d’accesso», dice.
«Trump ha ottenuto qualcosa che nessuno prima era riuscito a imporre: un impegno di spesa e di presenza industriale europea negli Usa non condizionato da contropartite tariffarie, ma da minacce di escalation. Il commercio come leva geopolitica, non come strumento di cooperazione», afferma ancora.
«Un cambio di paradigma che non riguarda solo Bruxelles», prosegue. «Ma la politica è una cosa. I mercati, un’altra. La reazione dei listini europei nei primi trenta minuti di contrattazioni è stata netta, ma selettiva.
Gli indici sono saliti, guidati dai settori più sensibili al commercio con gli Stati Uniti: auto, semiconduttori ma anche banche.
In Italia brillano Stellantis e STMicroelectronics, mentre il comparto bancario avanza compatto», premette.
«Una risposta, prosegue, che riflette l’allentamento del rischio sistemico su crescita e commercio, e la rinnovata solidità degli scambi transatlantici. Anche Dax e Cac 40 viaggiano oltre l’1%, con i titoli industriali più internazionalizzati in testa», afferma.
«Ma il segnale più chiaro arriva da chi resta indietro. La difesa è oggi la grande penalizzata. Leonardo in Italia, Thales in Francia e Rheinmetall in Germania guidano i ribassi nei rispettivi listini», dice.
«L’impegno europeo ad acquistare armamenti americani per 150 miliardi di dollari viene interpretato come un freno alla competitività dell’industria continentale», conclude.








