Non ci piace la tassa sugli extra profitti? Nessun problema, commenta sulla Stampa Veronica De Romanis: ecco la tassa sulla “stabilità”, una novità destinata sempre alle banche. La logica resta simile: “Hanno guadagnato troppo”, ma ora si aggiunge un elemento esplicativo in più: l’extra guadagno deriva dalla “stabilità di bilancio”. Concetto ribadito in questi giorni sia dal vicepremier Matteo Salvini sia dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. «Stiamo mantenendo una traiettoria di debito che ci rende seri e credibili» ha dichiarato subito dopo l’approvazione della Manovra, «e di questo beneficia anche il sistema bancario».
La logica della “tassa sulla stabilità” funziona in questo modo: il governo tiene i conti in ordine, lo spread cala, quindi, il valore dei titoli detenuti dalle banche aumenta e, di conseguenza, gli utili crescono. Ciò rappresenta un incasso aggiuntivo che – secondo l’impostazione della maggioranza – deve essere sottoposto a una specifica imposta: quella sulla “stabilità”. A questo punto, occorre chiarire alcuni aspetti di carattere generale per comprendere appieno le possibili distorsioni di un simile meccanismo.
Primo, garantire la stabilità è un dovere da parte di chi è alla guida del Paese, non una gentile concessione. Sembrerà banale sottolinearlo ma chi amministra il Paese è retribuito dai cittadini – quelli che versano il dovuto all’Erario ovviamente – proprio per assicurare un sistema economico stabile efficiente. La stabilità, dunque, non deve essere “pagata” una seconda volta né dalle banche né da altre aziende. Seconda considerazione: le banche non vanno ringraziate perché le tasse dovrebbero essere uguali per tutti. In un’economia di mercato, ma più in generale, in una democrazia, l’esecutivo di turno non dovrebbe introdurre imposte discrezionali su singoli settori a suo piacimento.
La terza riflessione è ancora più evidente: le tasse non possono essere facoltative. Il governo non deve chiedere «contributi», per usare le parole di Salvini, né «una mano» per citare Meloni. Se davvero ci si vuole concentrare sulle priorità del Paese – «lavoro, salari, famiglie» – come ha giustamente ricordato la premier, servono coperture strutturali, ovvero entrate permanenti. La tassa sulla stabilità semplicemente non risponde a questo criterio.








