Doveva essere il meeting decisivo per cambiare rotta nella politica europea, seguendo la Fed nel ridurre gli acquisti di bond in vista del rialzo dei tassi d’interesse. E invece il Consiglio direttivo della Bce è gettato nel caos dall’invasione russa dell’Ucraina. I prezzi energetici alle stelle e l’inflazione record richiederebbero un rialzo dei tassi, ma il potenziale crollo della crescita suggerisce di mantenere lo stimolo monetario.
Il rischio stagflazione
E’ il rischio ‘stagflazione’ – mix di inflazione elevata e stagnazione economica – uno dei temi centrali sul tavolo dei governatori della Bce che si riuniscono già da ieri sera. Sulla decisione la presidente Christine Lagarde riferirà oggi alle 14,30. Tenendo ben presente che la variabile Ucraina, dagli esiti assolutamente ignoti con l’unica certezza di prezzi di gas e petrolio altissimi, scombussola completamente lo scenario che la Bce aveva in mente: quello di un’inflazione elevata (5,8% a febbraio) ma in progressivo calo nel corso del 2022. E di una ripresa robusta dalla primavera in poi, dopo i due anni durissimi della pandemia.
Dall’inizio della guerra lanciata dal presidente russo Vladimir Putin, il petrolio è salito del 20%, il gas ha sfondato la barriera record dei 200 dollari, il default di un Paese, la Russia, il cui Pil vale più di quello spagnolo è dato a oltre l’80%. I ‘falchi’, che nelle settimane prima dell’invasione avevano aumentato le dichiarazioni a favore di una ‘normalizzazione’, hanno già abbassato i toni. Fabio Panetta, membro ‘colomba’ del Comitato esecutivo, ha definito “imprudente” decidere ora: meglio aspettare.
La Bce verso il mantenimento del vecchio programma
Le avvisaglie di tempesta sul fronte economico – come la produzione industriale italiana in forte calo a gennaio, o gli indici anticipatori ‘pmi’ di febbraio in calo – suggerirebbero di mettere nel cassetto il proposito di chiudere il quantitative easing dopo l’estate per poi alzare i tassi entro l’anno. Possibile che la Bce mantenga i programmi come li aveva lasciati a dicembre: terminare il programma di acquisti pandemico ‘Pepp’ a marzo ma continuare con il ‘vecchio programma, l’App, riducendolo progressivamente ma mantenendo gli acquisti di bond a 20 miliardi al mese da ottobre in poi.
L’impatto finanziario della guerra
Non mancano, però, economisti che mettono in guardia dall’impatto finanziario della guerra. Al punto da invocare nuove maxi-aste Ltro per sostenere liquidità e credito di fronte alle dislocazioni sui mercati monetari provocate dallo shock. Ed eventualmente un rilancio degli acquisti: servirebbe, implicitamente, a dare spazio di manovra alla politica di bilancio, e potrebbe coinvolgere i bond sovranazionali in vista del possibile pacchetto ‘Repower Eu’ teso a sostenere maggiore autonomia europea sul piano energetico e militare.
Nel frattempo, però, le attese d’inflazione sul mercato corrono e rischiano di spingersi oltre il 2% in tutto l’orizzonte di medio termine della Bce che arriva al 2024. Una circostanza che metterà ulteriore pressione sulla Lagarde, chiamata ad un difficile ‘equilibrismo’ di comunicazione . Con il probabile obiettivo di prendere tempo forse fino al Consiglio del 9 giugno, in attesa di capire sviluppi e impatto della guerra in Ucraina.








