L’effetto scatenato dell’aumento dei tassi si abbatte sui prestiti bancari: nell’ultimo anno si è registrata una stretta creditizia da 64 miliardi di euro, con una riduzione che sfiora il 5%.
Le banche hanno tagliato tutti i tipi di finanziamenti alle imprese, con una riduzione di 57 miliardi (meno 8%).
Per quanto riguarda le famiglie, il saldo è negativo per 7 miliardi, considerando che i mutui sono sostanzialmente fermi, il credito al consumo è cresciuto di quasi 6 miliardi, mentre i prestiti personali sono crollati di oltre 13 miliardi.
È quanto emerge dal rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo cui la clientela bancaria fatica a onorare le scadenza con le rate dei prestiti tant’è che le sofferenze nette sono cresciute in un anno di quasi il 10%, passando da 16 miliardi a quasi 18 miliardi, ma del 25% nei primi nove mesi del 2023.
“È la tempesta perfetta sul credito bancario: tagliati i prestiti alle imprese, mutui fermi e sofferenze in crescita.
Ma è un conto che stanno pagando i cittadini e le imprese, perché le banche, proprio grazie all’aumento dei tassi, macinano utili come mai.
Quest’anno i loro profitti potrebbero superare quota 40 miliardi, secondo le stime più recenti.
Di fatto, le banche sono le uniche a beneficiare della scellerata politica monetaria della Banca centrale europea: si arricchiscono le industrie bancarie, i loro manager, ma l’economia reale soffre e non ha mezzi finanziari per sostenere un periodo che si prospetta difficile” commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
“È inaccettabile che i rappresentanti delle banche dicano che la colpa è delle imprese che chiedono meno prestiti.
È la storiella del cavallo che non beve, ma a volte non è per mancanza di volontà.
Può dipendere, invece, dal fatto che la vasca con l’acqua sia inaccessibile o, peggio, che la stessa acqua sia avvelenata”, aggiunge il vicepresidente di Unimpresa.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato statistiche della Banca d’Italia, al netto delle cartolarizzazioni, gli impieghi delle banche ai privati sono crollati di 63,7 miliardi (-4,70%), calando dai 1.355,8 miliardi di settembre 2022 ai 1.292,1 miliardi di settembre 2023.
Sul fronte delle famiglie, si registra un calo, nell’anno osservato, di 6,8 miliardi (-1%) da 679,3 miliardi a 672,5 miliardi.
La diminuzione è legata esclusivamente all’andamento fortemente negativo dei prestiti personali, calati di 13,2 miliardi (-9,39%) da 141,1 miliardi a 127,8 miliardi.
Cresce il credito al consumo, seppur a un ritmo nettamente inferiore rispetto agli scorsi anni: l’aumento è di 5,8 miliardi (+5,14%), da 114,1 miliardi a 120,1 miliardi.
Fermo il mercato dei mutui: lo stock è passato da 424,1 miliardi a 424,7 miliardi con una variazione positiva di appena 545 milioni in 12 mesi (+0,13%), ma da inizio anno i finanziamenti destinati all’acquisto di abitazioni sono scesi di 2,2 miliardi (-0,53%), considerando che a dicembre 2022 lo stock era a quota 426,9 miliardi.
Il rallentamento del credito al consumo (i prestiti che servono per acquistare automobili, elettrodomestici, smartphone, viaggi) avrà un effetto negativo inevitabile sui consumi, con conseguenze più ampie sulla crescita economica.
Analogo discorso per quanto riguarda il taglio dei mutui: minori erogazioni si traducono, come sta già avvenendo, in minori compravendite di case, con effetti negativi su edilizia, trasporti, mobilifici, professionisti del settore.








