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[L’Intervento] Stefano Laporta (Presidente ISPRA): «Il contributo del sistema della ricerca pubblica alla transizione energetica ed ecologica»

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Dopo un ultimo anno a dir poco problematico e complesso a causa della pandemia tuttora in corso, abbiamo capito tutti, anche chi non si occupa specificamente di ricerca, che senza tutela dell’ambiente non c’è sviluppo sostenibile e senza questo, non c’è una sana qualità di vita.

Il nuovo Governo lo ha capito e ha lanciato un messaggio chiaro, trasformando il MATTM in MITE e ponendo la transizione ecologica al centro del suo piano. Un messaggio che è una chiara presa di posizione rispetto alla quale tutto il sistema della ricerca pubblica italiana si è detto pronto e si è sentito ancor più responsabile. Da qui a 10 anni dovremo puntare su tecnologie innovative che siano anche in grado di “migliorare il potenziale di crescita della nostra economia” aumentando l’occupazione, come dichiarato in Senato dal presidente Draghi. Sfida non da poco e non facile, soprattutto in questa fase del Paese che soffre di una decrescita dovuta alle restrizioni rese necessarie a causa della pandemia in corso. 

Oggi più che mai, ogni azione dovrà puntare alla riduzione delle emissioni climalteranti, ma deve anche essere strumento di crescita economica; il Next generation Eu punta su questa strategia ma, per realizzare tutto questo e contribuire alla ripresa post pandemica, devono essere potenziati alcuni settori (come quelli dei controlli ambientali) e definiti piani e progetti in tempi molto rapidi. La sfida che attende il nuovo Ministero per la transizione ecologica è importante e strategica, ne siamo tutti consapevoli ed il programma del prossimo futuro si basa sulla massima operatività e soprattutto collaborazione con gli Enti ed i Centri di Ricerca.

Fondamentale è comprendere il significato della locuzione “transizione ecologica”, perché ci rendiamo conto che spesso non è ben chiaro cosa si intenda. Un cambiamento radicale negli stili di vita, nei cicli produttivi, che abbia la conservazione dell’ambiente come obiettivo imprescindibile. E’ importante in questo momento che si faccia informazione e si comunichi ai cittadini questo significato e l’importanza di attuare questo passaggio, cui siamo chiamati tutti a fornire un contributo e dove il contributo di tutti può fare la differenza.

La ricerca pubblica del nostro Paese si è da subito resa disponibile; la tutela dell’ambiente è una responsabilità individuale e collettiva, perché “nessuno si salva da solo”, come abbiamo più volte sentito ripetere in questo ultimo anno e lo sviluppo sostenibile appare sempre di più l’unica strada da percorrere per uno sviluppo economico duraturo e per la protezione sociale. Il mondo produttivo si sta muovendo in questa direzione condividendo una visione più circolare dell’economia.

Infatti se da un lato sarà necessario massimizzare l’efficienza energetica e la circolarità dell’economia, la riduzione dei consumi si deve accompagnare ad una importante ricomposizione di fonti e vettori energetici impiegati. Molti consumi dovranno essere elettrificati (ad esempio, le auto dovranno essere prevalentemente elettriche e gli edifici riscaldati con pompe di calore) e le fonti rinnovabili dovranno crescere, sotto forma di elettricità, biometano e idrogeno, arrivando, nel complesso, a coprire la totalità o quasi dei consumi finali (la Strategia di riduzione delle emissioni indica non meno dell’85-90%).

Il ruolo della ricerca è fondamentale, ma non è la sola ad avere una funzione in questo percorso: se parliamo di responsabilità collettiva, questi cambiamenti di quantità e qualità dei consumi richiedono innanzitutto la collaborazione da parte dei cittadini e la loro disponibilità a cambiare i comportamenti e le abitudini nella quotidianità, la possibilità e la volontà, sempre dei cittadini, di eseguire interventi “invasivi” per la riqualificazione profonda degli edifici e la capacità del sistema economico di compiere un salto tecnologico molto importante, soprattutto in alcuni comparti del settore industriale (ad esempio nell’acciaio, per sostituire le fonti fossili con energia rinnovabile e l’idrogeno da essa prodotto).

Perché tutto ciò si possa compiere e si riesca a coniugare con una crescita degli standard di vita, il ruolo della ricerca è fondamentale. Alcuni esempi:

  • Parlando di idrogeno, sarà necessario avere sistemi efficienti per produrlo da fonti rinnovabili ed è anche necessario garantire sistemi di stoccaggio e distribuzione efficienti e sicuri affinché l’idrogeno possa diventare un vettore energetico versatile e pervasivo. Avremo bisogno di processi, apparecchiature e materiali nuovi che richiedano meno energia e meno materia per darci i beni e i servizi che oggi consumiamo.
  • Dovremo individuare nuove vie per garantire la circolarità dei nuovi processi di produzione e consumo. Produrremo infatti nuovi rifiuti, o comunque in proporzioni diverse rispetto ad oggi, e dobbiamo sapere come gestirli e reimmetterli nel ciclo economico o trovare sistemi produttivi che non ne producano o ne producano meno o ne producano di più semplici da gestire (che fare delle batterie delle auto a fine vita? O dei pannelli fotovoltaici?).
  • Infine, anche nell’ambito della cattura della CO2 dalle emissioni o direttamente dall’atmosfera c’è necessità di innovazione.  Se l’insieme di tutte le politiche non ci garantirà di arrivare ai livelli emissivi desiderati (cioè emissioni nette zero al 2050) dovremo necessariamente fare ricorso a questi sistemi che però oggi ancora stentano a prendere piede sia per motivi economici che tecnologici. Dovremo pensare anche cosa fare della CO2 catturata. Una quota potrebbe essere impiegata per la produzione di combustibili sintetici oppure potrebbe essere immagazzinata in materiali che trovano degli impieghi funzionali, ma anche in questo ambito c’è ancora molto da studiare e da migliorare.

In sostanza, l’attuazione degli obiettivi del PNRR, la lotta ai cambiamenti climatici e il traguardo delle emissioni nette zero al 2050, aprono ad una serie di trasformazioni che non possono prescindere da un grande contributo della ricerca pubblica che sarà chiamata a fornire soluzioni e innovazioni che saranno sempre più complesse, man mano che i margini di riduzione delle emissioni si assottiglieranno.

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