Il Pnrr trasmesso archivia definitivamente l’ipotesi di un’integrazione tra Open Fiber e la struttura di Tim, con la maggioranza a quest’ultima, e si parla al plurale di “reti”. Lo scrive La Repubblica riportando una frase di pagina 98 del Recovery Plan: “l’intervento del Pnrr si colloca nel solco degli sfidanti obiettivi definiti in sede europea e nella consapevolezza che le reti a banda larga ultraveloce sono una General Purpose Technology”.
Questa frase, inserita nel capitolo riguardante la Digitalizzazione non è messa a caso. Il plurale, “reti”, non è usato incidentalmente. E il riferimento agli obiettivi “definiti in sede europea” non è frutto di una concessione stilistica. L’obiettivo è anche – ma non solo – la famosa rete unica che sarebbe dovuta nascere dall’unione tra Open Fiber e la rete di Tim. E che il Piano del governo, appena trasmesso a Bruxelles, ha sostanzialmente archiviato. In silenzio, senza troppo clamore, l’esecutivo di Mario Draghi ha insomma invertito la rotta rispetto alla squadra di Conte.
Che a Palazzo Chigi e tra i ministri ci fosse piu’ di una perplessita’ sul progetto che avrebbe portato a creare una sola struttura con la maggioranza di Tim, lo avevano dichiarato prima il tecnico Vittorio Colao e poi il leghista Giancarlo Giorgetti. Ma fino ad ora nessun passo aveva ufficializzato la distanza nei confronti di un’iniziativa che avrebbe dovuto coinvolgere il colosso telefonico italiano, controllato pero’ dalla francese Vivendi, e il soggetto pubblico Cassa Depositi e Prestiti.
Il Recovery, invece, pone uno stop sostanziale a quella operazione. Sebbene ci sia chi giura che nella prima formulazione – quella messa a punto dalla maggioranza giallorossa – i riferimenti alla rete unica fossero piuttosto chiari. L’attuale e definitiva stesura sull’impegno per la digitalizzione italiana non e’ comunque affatto un caso. E l’Europa c’entra un bel po’. Non si tratta infatti solo dei dubbi di alcuni ministri e di alcune forze politiche (in realta’ per una volta M5S, Lega e Pd si sono trovati sulla stessa linea).
Il nucleo essenziale di questa scelta e’ maturato in buona parte nella Commissione europea. L’ipotesi che si realizzasse una sola rete, detenuta da un soggetto “verticalmente integrato” come Tim, non era mai stata apprezzata. Anzi, il messaggio e’ arrivato a Roma in maniera piuttosto esplicita. Naturalmente niente di ufficiale. Anche perche’ gli uffici dell’Unione europea in questi casi intervengono quando il problema si pone concretamente e non in via preventiva. In ogni caso proprio per evitare problemi in una fase successiva, il pericolo che l’Antitrust comunitaria si potesse dichiarare contro e’ stato segnalato in modo diplomatico ma puntuale. La conseguenza: sempre nel Piano si ricorre alla formula dell'”approccio neutrale sotto il profilo tecnologico ” e si fa presente che “gli interventi previsti sono complementari rispetto alle concessioni gia’ approvate nelle aree bianche (quelle meno redditizie, ndr)”.
In realta’ anche l’Autorita’ di Garanzia italiana (l’Agcom) stava seguendo lo schema della rete unica con qualche allarme che a questo punto dovrebbe apparire superato. Dopo il compimento di questi passi, semmai la questione nodale appare un’altra: come si procedera’ per assicurare la strategia europea del “Digital compass” e quindi garantire “entro il 2030 una connettivita’ a 1 Gbps per tutti e la piena copertura 5G delle aree popolate”? Come si legge nella scheda a pagina 97 del Pnrr l’investimento per le Reti ultraveloci ammonta a 6,71 miliardi. Una delle soluzioni piu’ probabili e’ che nelle aree del Paese piu’ abitate (le grandi citta’) e quindi piu’ redditizie, gli utenti avranno a disposizione almeno due reti se non addirittura tre. Nelle altre zone il servizio potrebbe ridursi quasi inevitabilmente ad un solo operatore. Resta il fatto che le grandi manovre su questo terreno sono in corso da tempo.
La linea neutrale del governo e quella scettica di Bruxelles sulla rete unica, dunque, aprono a questo punto tutto un altro scenario: nessuno puo’ escludere che altri soggetti possano entrare nel settore della banda ultraveloce. Persino quelli, come le grandi emittenti tv del nostro Paese, che fino ad ora se ne erano tenute, per cosi’ dire, alla larga.
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