Nella giornata del 25 novembre, Claudia Mazzola, Presidente RaiCom, ha dialogato con Francesca Parisella, Giornalista di RAI 2, durante il panel “Cultura, innovazione digitale e collettività“, nel corso degli Stati Generali della Ripartenza organizzati a Bologna dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia.
In merito al binomio tra la cultura e innovazione, Francesca Parisella chiede alla presidente di RaiCom come si possa declinare in quest’epoca contemporanea questo rapporto e Claudia Mazzola risponde: “Io credo che la cultura sia molto legata all’innovazione e c’è una cultura dell’innovazione e non è possibile sviluppare l’innovazione senza la rivoluzione o la cultura che la segue. A questo proposito, credo che quello che ha detto prima la senatrice Floridia a proposito del linguaggio, c’è una frase che vorrei ricordare del Tractatus Logico-Filosofico di Wittgenstein in cui il filosofo dice “i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”. E credo che questo dia il senso e sia un po’ la cifra di quello di cui si parlava. La cultura del rispetto, e lo dico riferito chiaramente alla giornata di oggi, inizia proprio dal linguaggio. E credo che, anche dal punto di vista della tecnologia e della cultura, siano due elementi o un binomio che vanno avanti appunto di pari passo”.
“Credo che tutti noi in generale abbiamo, – aggiunge Claudia Mazzola – una sfera privata e una sfera pubblica. Quindi possiamo dare il nostro contributo proprio rispetto a questo ambito su entrambi i piani. Sia nel nostro privato, appunto, essendo figli, genitori, fratelli e quindi portando la testimonianza nel nostro privato, ma anche nel nostro essere pubblico, nel nostro avere un ruolo, appunto. Ringrazio l’avvocato Balestra e mi scuso di non poter essere lì con voi oggi, ma proprio perché avevo preso questo impegno con mio figlio a settembre, l’ho dovuto, diciamo, mantenere. Ed io penso, proprio come genitore di un ragazzo di 14 anni, che quello che noi possiamo fare, appunto, è tantissimo. Spesso vedo la distanza che c’è tra la mia generazione e quella di mio figlio. Il fatto che noi veniamo considerati dei boomer, no? Che è un termine di nuovo conio che dà la distanza tra noi e loro rispetto alla tecnologia. Io guardo, appunto, queste nuove generazioni che hanno il cellulare sempre aperto, chiaramente il cellulare ha una potenza di fuoco enorme, le nuove tecnologie hanno una potenza di fuoco che per noi era impensabile, no? Basti pensare alla capillarità di WhatsApp o di un mezzo come i motori di ricerca, con tutte le notizie che vengono fuori costantemente da siti più o meno controllati. Dall’altra parte, vedo la mancanza di difese dei nostri giovani, di questi ragazzi che ho la sensazione siano soli di fronte a un mare che li travolge”.
“Come si fa a fare la cultura e farla andare di pari passo con la tecnologia? – continua Claudia Mazzola – Per esempio, in alcuni paesi le case produttrici di telefonini danno una patente ai ragazzi di 14 anni per poter usare il telefono. Cioè le indicazioni, una sorta di istruzioni per l’uso, chiaramente non istruzioni tecniche che loro conoscono molto meglio di noi, ma proprio una guida per metterli in guardia rispetto all’utilizzo del telefono. Mi è capitato tempo fa di andare in una scuola e chiedere a ragazzi che hanno dai 17 ai 19 anni, quindi giovani cittadini che possono anche votare e che godono appunto dei diritti previsti da maggiorenni, “ma voi come vi informate?”. La risposta è stata “noi ci informiamo sul cellulare”. Ho detto, sì, benissimo, come tutti, anche io la mattina mi sveglio e guardo le notizie su Instagram. Ma sono spesso siti che non hanno nessun tipo di credibilità. Allora io credo che occorra innanzitutto vi sia l’attendibilità della fonte e poi la necessità di insegnare ai nostri ragazzi a distinguere i fatti dalle opinioni che dovrebbe essere portato avanti come, diciamo, modello culturale di pari passo con l’andare avanti della tecnologia. Credo che ci siano degli elementi che noi dobbiamo considerare, noi che siamo, diciamo, quelli che preparano le nuove generazioni al mondo, che abbiamo una grande responsabilità rispetto a questo, perché è la nostra educazione che prepara le nuove generazioni e a nostra volta noi dobbiamo imparare, perché siamo di fronte ad una rivoluzione tecnologica rispetto alla quale spesso non eravamo stati preparati, ma dalla nostra noi abbiamo appunto gli strumenti culturali, gli strumenti cognitivi per organizzare, diciamo, un percorso”.
Francesca Parisella domanda poi alla presidente di RaiCom quale potrebbe essere lo scenario relativo al 2035 e Claudia Mazzola risponde “Mi sopravvaluta. Io penso che quello che noi dobbiamo fare, lo sforzo che dobbiamo fare è quello di riuscire ad avere una visione. E quello che diceva il dott. Fabrizio Salini è giustissimo, nel senso che la RAI, ha citato RaiPlay, nel 2035 penso che la RAI sarà su RaiPlay. Questo, diciamo, dovrà esserci. La digitalizzazione passa da questa piattaforma per quanto riguarda il servizio pubblico e credo che sia un obbligo per il servizio pubblico perché le Smart TV hanno superato le televisioni tradizionali. Questo significa che il pubblico si trova appunto sulle Smart TV. Sappiamo che i giovani sono sui tablet, sono sugli smartphone e quindi la necessità è quella di digitalizzare il servizio pubblico, cioè portare i nostri contenuti là dove sono i giovani. E questo, diciamo, è un passaggio obbligato per Rai”.
“McLuhan ci ha insegnato che il mezzo è il messaggio, – prosegue Claudia Mazzola – e un po’ rimane questo, nel senso che noi dobbiamo portare il nostro messaggio dentro quel mezzo adesso. Ed è un’operazione non facile perché necessita di ingenti investimenti. Spesso si sente portare l’esempio di altre piattaforme, cito qui Netflix, beh gli investimenti che ha fatto Netflix e hanno fatto queste piattaforme da un punto di vista proprio tecnologico sono degli investimenti enormi, cioè che sono più alti del budget che ha la Rai. Quindi lo sforzo che noi facciamo per competere con gli OTT, noi non siamo un OTT, noi siamo appunto un servizio pubblico, sono enormi. Lo stiamo facendo perché appunto è un atto dovuto e perché sappiamo bene che Rai sarà lì. E credo che anche tutto quello che stiamo facendo in questo momento, cioè il TG1 che è sbarcato su TikTok e via dicendo, non sono passaggi per una televisione, per un servizio pubblico. Fabrizio Salini lo sa, perché appunto ha avuto l’onere e l’onore di guidare la Rai, quanto sia difficile qualsiasi passaggio”.
“Volevo soltanto citare un volume – conclude Claudia Mazzola – che io ho avuto il piacere di curare quando ero direttrice dell’ufficio Studi Rai, che si chiama “Algoritmi di servizio pubblico” e prende in esame proprio gli algoritmi di servizio pubblico. Noi sappiamo che oggi il palinsesto è diventato l’home page della piattaforma ed ognuno ha il suo palinsesto diverso. Rai Play sta facendo in questo senso un passo per volta, perché ci sono mille problemi di profilazione di privacy degli utenti. Noi adesso fatichiamo pensando che la piattaforma che noi utilizziamo, ci dia dei consigli, perché significa che conosce i nostri gusti, in qualche maniera abbiamo una sorta di grande fratello che ci guarda e che ci spia, in qualche maniera. Invece il cambio di paradigma deve essere appunto, a mio avviso, totale rispetto a come ragioniamo noi oggi. I giovani di oggi preferiscono piattaforme commerciali proprio perché amano questo sentirsi, diciamo, in qualche maniera accuditi, che è esattamente un modello totalmente ribaltato rispetto al nostro. Cioè noi ci sentiamo spiati, ci sentiamo in una sorta di grande fratello che guarda quello che noi facciamo, mentre i giovani hanno la percezione opposta. Penso che nell’immaginare il 2035 si cominci proprio da questi passaggi”.








