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Bisogna ridefinire i rapporti all’interno dell’area progressista | L’analisi di Stefano Folli

Sui motivi che spingono Elly Schlein a radicalizzarsi in forme via via più evidenti si è scritto molto, sottolinea Stefano Folli su Repubblica. Idem sulle conseguenze che tale condizione comporta rispetto agli equilibri di un centrosinistra sempre più sinistra-centro.

Ma c’è una ragione – prosegue Folli – su cui forse non s’insiste a sufficienza. Prima dello scontro futuro con Giorgia Meloni, prima del referendum sulla giustizia e a maggior ragione delle elezioni politiche del 2027, ci sono da ridefinire i rapporti all’interno dell’area “progressista”: vale a dire la relazione fra il partito della Schlein, a cui si aggiunge la sinistra di Fratoianni-Bonelli, di fatto una corrente esterna del Pd, e i Cinque Stelle di Conte.

È un’alleanza? Un patto da rinegoziare di continuo? Un’illusione ottica? Si dirà che la faticosa e tuttora irrisolta conversione dell’ex premier verso l’intesa con il gruppo Schlein è almeno una strada senza ritorno: i giorni dell’isolamento e del “vaffa” grillino appartengono al passato. Ma nemmeno questo è vero. Conte è contestato all’interno dei 5S da Chiara Appendino e i recenti dati elettorali del movimento non lo hanno aiutato.

In ogni caso la vicinanza tra le due sigle, Pd e 5S, offre uno scenario in chiaroscuro. Da un lato, piace a coloro, Schlein in testa, che si dichiarano “testardamente unitari”. È uno slogan che finora non ha portato grande fortuna al Pd, ma la cui premessa è proprio l’intesa con Conte. La si potrebbe definire una condizione necessaria, ma non sufficiente per vincere le elezioni.

Dall’altro lato, servirebbe un Conte che non si fermasse a metà strada, a causa dei problemi interni al suo partito. Così stando le cose, sulle ragioni dell’alleanza prevalgono quelle della rivalità. Il che vuol dire proprio quello che sta accadendo: un confronto che in apparenza ambisce a indebolire Giorgia Meloni come leader della coalizione avversa, mentre in pratica è un braccio di ferro implicito all’interno del campo “progressista”.

Se così non fosse, le asprezze polemiche e i toni perentori nel loro radicalismo sarebbero un errore, in quanto regalerebbero buona parte del voto moderato al centrodestra, o per meglio dire alla stessa Meloni. Se invece si tratta, come in effetti è, di una contesa tra Schlein e Conte per la leadership della coalizione, allora si comprendono certi toni massimalisti e la rincorsa, in qualche caso, all’estremismo verbale.

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