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Basta retorica sull’immigrazione | L’analisi di Tito Boeri

Scrive Tito Boeri su Repubblica che c’è una narrativa tanto diffusa quanto fuorviante che domina il confronto pubblico nel nostro paese.

Si racconta che i governi di centro-sinistra aprono incondizionatamente le frontiere agli immigrati, mentre i governi di centro-destra contengono o addirittura azzerano i flussi migratori.

Niente di più falso.

Il governo Meloni ha appena varato un nuovo decreto flussi che, come il precedente dello stesso esecutivo, autorizza mezzo milione di ingressi nei prossimi tre anni, di cui 164.000 nel solo 2026.

Per trovare numeri così elevati bisogna risalire all’ultimo governo Berlusconi che autorizzava 147.000 ingressi.

I governi di centro-sinistra succedutisi in questo lasso di tempo hanno autorizzato flussi molto più contenuti: 48.000 Letta, 14.000 Renzi, 31.000 Gentiloni.

E il governo Conte II (quello col Pd a fianco dei pentastellati) ha varato un decreto flussi che concedeva circa un terzo degli ingressi autorizzati dal Conte I (quello con la Lega a fianco di M5s).

Ciò che spinge i governi di centro-destra a fare, con una mano, quello che si demonizza (le invasioni) con l’altra è, crediamo, la forte pressione dei datori di lavoro, inclusi molti simpatizzanti leghisti, che hanno disperato bisogno di manodopera immigrata, in agricoltura, come nel turismo e in molti piccoli esercizi commerciali.

Ciò che spinge i governi di centro-sinistra a quasi azzerare le quote di ingressi autorizzati è, presumibilmente, la volontà di accreditarsi come partiti che tengono sotto controllo l’immigrazione, nel disperato tentativo di togliere voti ad avversari politici che fanno della paura degli immigrati il loro cavallo di battaglia.

Ma chi vara decreti flussi di questa entità, conclude Boeri, ha il dovere di rivedere le procedure con cui vengono messi in atto.

Tenere le persone in un limbo che dura diversi anni prima di una convocazione agli sportelli immigrazione, premiare chi clicca per prima, anziché chi ha le competenze (anche linguistiche) per meglio rispondere alle esigenze del nostro tessuto produttivo e integrarsi più facilmente, ci condanna a ospitare persone che sono per lungo tempo ai margini tra legalità e illegalità.

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