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Barbara Floridia, Presidente Commissione Vigilanza RAI: “Il nuovo ruolo del servizio pubblico” | Stati Generali della Ripartenza

Nella giornata del 25 novembre, Barbara Floridia, Presidente Commissione Vigilanza RAI, ha dialogato con Francesca Parisella, Giornalista di RAI 2, durante il panel Cultura, innovazione digitale e collettività, nel corso degli Stati Generali della Ripartenza organizzati a Bologna dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia.

Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Francesca Parisella presenta Barbara Floridia chiedendole una sua opinione in merito all’importanza della cultura che risulta essere fondamentale per limitare, correggere ed annullare la differenza tra generi: “Intanto buonasera a tutte io direi, a tutte le persone. La cultura può tutto perché, come avete sentito nella mia grammatica di saluto, io ho usato il femminile però suonava strano all’inizio perché di solito si dice “buonasera a tutti” oppure “a tutti e a tutte” perché di solito abbiamo sempre sentito dire “tutti gli uomini” ovviamente immaginando il genere umano, questo è evidente. Però vedete come nella cultura, grazie anche alle parole, si trascina inevitabilmente un pregiudizio e la grammatica, anche quando c’è una platea di 99 donne ma c’è solo un uomo, pretende il maschile per tutto il pubblico. Ecco proviamo a modificare anche le parole, quindi la cultura può sicuramente modificare i pensieri, quindi, in maniera così dolcemente provocatoria ma neanche tanto, mi sarei potuta fermare a un “buonasera a tutte” e anche gli uomini si sarebbero potuti sentire compresi perché intendevo tutte le persone”.

Aggiunge poi Barbara Floridia: “Quindi, per venire alla sua domanda, io penso che proprio oggi sia il caso di darci nuove regole grammaticali perché la lingua è un organismo vivente che si muove e dopo che si muove la lingua si muove la grammatica e quindi anche i pensieri. La cultura in fondo è ciò che siamo e ciò che siamo non è mai statico poco fa sentivo dire in maniera molto dotta e anche molto interessante che bisogna “essere liberi di…”, è vero ma non si può essere liberi di essere donne se non si è liberi da quei pregiudizi o liberi da quei regimi che in qualche modo anche come gabbie culturali non ti permettono poi di essere libera di essere te stessa e quindi di essere donna parimenti diciamo ai diritti che può esercitare un uomo”.

Francesca Parisella domanda alla presidente della commissione di vigilanza RAI in quale modo il servizio pubblico risulti fondamentale per la costruzione del paese e per i futuri itinerari culturali e Barbara Floridia risponde: “Intanto mi preme ringraziare l’amministratore delegato perché ci siamo sentiti subito dopo gli ultimi fatti terribili di cronaca e mediata sensibilità l’appello e vedere quello spot mi ha reso molto felice perché io vengo da una famiglia culturalmente diciamo sana, elevata e sicuramente non sessista, però inevitabilmente anche nel mio piccolo mondo si diceva “non piangere come una femminuccia” e questo è sbagliato. Quindi dobbiamo cambiare il pensiero. Quello spot è stato un inizio e sono certa che la RAI farà anche altro. Ma che cos’è oggi il servizio pubblico? Il servizio pubblico è l’infrastruttura culturale, poco fa si parlava di infrastrutture fisiche e digitali, ecco c’è bisogno di un’infrastruttura culturale che forse è quella che, insieme alle scuole, può permettere un’evoluzione anche economica del paese. Il servizio pubblico oggi in un periodo in cui abitiamo l’infosfera, perché noi non siamo più online a volte e offline altre volte, noi siamo sempre on life, si chiama adesso il nostro nuovo modello abitativo, quindi abitiamo l’infosfera, siamo immersi, sommersi, coinvolti e avvolti dalla comunicazione veloce, rapida, continua e abitiamo il fisico così come abitiamo il digitale senza renderci conto quando passiamo da uno spazio all’altro. Questa quarta rivoluzione, che non è più una rivoluzione industriale, agricola fisica fuori dall’uomo, come dice Floridi, implica come la persona si concepisce in questa nuova pluridimensione nella quale abitiamo, cioè l’infosfera. Adesso che abitiamo l’infosfera, come possiamo privarci del servizio pubblico? Cioè di quella garanzia che permetta a tutte noi persone che siamo profilate sui social, che siamo profilate nel mondo digitale ad essere protette e avere uno Stato che in qualche modo ti propina, non ti protegge, ti fa vedere ciò che tu non scegli di vedere. Mi spiego meglio, col televisore noi sceglievamo che cosa guardare, il telecomando era diciamo lo strumento che ci permetteva di scegliere e di spegnere un televisore, invece adesso online siamo continuamente diciamo connessi, cosa accade? Veniamo profilati, quindi quando noi scegliamo cosa guardare anche per un secondo in più o cosa non guardare quindi non ci soffermiamo, il sistema ci profila, perché deve vendere il nostro prodotto, cioè i nostri dati. Per noi adulti, che immaginiamo di avere delle strutture culturali e mentali che ci possano proteggere, può anche andar bene ma per i ragazzi non va più bene, abbiamo bisogno di un servizio pubblico che nel digitale si inserisca e faccia vedere a tutti i cittadini e a tutte le cittadine anche quella parte di mondo, quella parte di informazione, quella parte di ideologia, quella parte di sensibilità che per diverse ragioni il cittadino non sceglie”.

Francesca Parisella domanda poi come si ponga la Rai, in questa era digitale e con questi nuovi metodi di comunicazione tra cui anche l’intelligenza artificiale e Barbara Floridia spiega: “Abbiamo da poche settimane come commissione di vigilanza e di indirizzo Rai emanato un parere sul contratto di servizio che lo Stato fa con la Rai. La commissione di vigilanza Rai che presiedo, oltre quella di vigilare, ha una funzione ancora più importante che è quella di indirizzo. Abbiamo come commissione lavorato su questa funzione di indirizzo e quindi chiesto alla Rai di inserire nel contratto l’attenzione alla fase digitale di trasformazione del servizio pubblico, perché riteniamo che sia a rischio il servizio pubblico che deve essere considerato un bene comune. Questa è una lotta, è un nuovo diritto che i cittadini devono pretendere perché oggi il servizio pubblico è un bene comune come la scuola e come la sanità proprio per quella dimensione che viviamo. Quindi abbiamo chiesto questa trasformazione anche perché nell’ultimo rapporto Auditel è evidente che le smart-tv e il digitale hanno superato la televisione tradizionale così come noi la conosciamo, perché il tempo adesso viene declinato diversamente, ad esempio io da ragazzina aspettavo il film della sera con mio papà, avevo piacere di vedere il film ed ero io che aspettavo che ci fosse l’orario del film, adesso non è più così e la percezione del tempo è diversa, quindi la fruizione del servizio informativo e di intrattenimento è diverso. Ed occorre quindi che la RAI, in questo momento nostra concessionaria, che il servizio pubblico si trasformi, perché ormai le smart tv hanno sono 21 milioni contro 20 milioni delle televisioni tradizionali e quindi non solo le hanno già superate ma le hanno superate con una velocità pazzesca, perché noi viviamo non solo in una trasformazione, ma nell’era dell’accelerazione, cioè dove tutto accade con una velocità incredibile, quindi dobbiamo dominare non solo il cambiamento, ma la velocità con la quale il cambiamento accade. E quindi, come commissione su questo faremo anche noi degli stati generali però sul servizio pubblico, perché questa commissione non può avere solo la funzione di vigilare su cosa accade a valle se a monte prima non ci domandiamo cosa sia oggi il servizio pubblico, come l’intelligenza artificiale può alterare anche il vostro lavoro di giornalisti, anche la sicurezza dell’informazione che a me arriva, anche la trasformazione delle persone che lavorano per il servizio pubblico, se non ci domandiamo cosa accade e come lo si può gestire, secondo me la commissione compie solo in maniera amputata il proprio ruolo”.

Successivamente, Francesca Parisella le domanda come tutelare il servizio pubblico, strumento importante di democrazia, in ottica futura e Barbara Floridia risponde: “Innamorandocene. Purtroppo spesso si lotta contro qualcuno, può essere una volta la destra, una volta la sinistra. Chi occupa la RAI o chi non la occupa. Dobbiamo stare attenti a non fare disinnamorare le persone del servizio pubblico, che è altra cosa, e del servizio pubblico ne abbiamo bisogno. Quindi dobbiamo dirci quanto sia importante che ci siano sensibilità di giornalisti che continuino a far bene il loro lavoro perché i cittadini possano non solo avere tutte le informazioni, non solo alcune, che le possano aver raccontate con sensibilità diverse. Non possiamo dire che la verità finisce nel momento in cui io la racconto, perché quando la racconto dal tono che do alla verità già do un taglio sensibile. Ho necessità che tutti i giornalisti di tutte le sensibilità raccontino la verità affinché io cittadina possa fruire e strutturare un pensiero critico. Quindi innamorandocene, stanziando risorse per il servizio pubblico in maniera strutturale. E credo che questi siano i primi due passi fondamentali. E il terzo è questo evento, questi due giorni, credo che sia stato anche in parte utile per questo contributo. Comprendere che tempo abitiamo. Comprendere in che misura tutto ciò che dobbiamo sviluppare va sviluppato con nuovi tempi, con nuove parole, con nuove sensibilità. Con nuove infrastrutture. Perché se non ci accorgiamo che viviamo on life, ma pensiamo ancora di abitare il mondo che abitavamo sette, otto, anche cinque anni fa, allora qualunque tipo di riflessione è già preistorica. Anche perché abitiamo l’iperstoria ormai”.

“Sicuramente un tema fondamentale – conclude Barbara Floridia – è quello dei contenuti. Per diverse ragioni, ne dirò soltanto due per essere proprio breve. Intanto perché l’intelligenza artificiale può sostituire in un attimo il creatore di contenuti, perché con l’intelligenza artificiale è un attimo che tu chiedi di scrivere, non so, la sceneggiatura di un film, di una serie TV, e con risorse quasi pari a zero rispetto ai costi e ai tempi della creazione, diciamo umana, hai il prodotto. Questa è una fase epocale nella quale dobbiamo dirci se scegliamo l’intelligenza artificiale, come proteggiamo la creatività umana e in che misura la creatività umana ha un valore aggiunto. Questo è fondamentale. E poi un altro elemento, e chiudo, oggi siamo tutti artisti, oggi siamo tutti narratori, cioè mi spiego meglio, ma chiaramente non tutti possiamo darci questo titolo, ma comunque cosa accade? Col telefonino che è diventato uno specchio, ciascuno narra sé stesso, ciascuno narra la sua verità, un determinato momento, tutti sono giornalisti, per assurdo, e dobbiamo aiutare i cittadini non soltanto poi a discernere, come bene diceva la Presidente Mazzola, qual è la fonte corretta dell’informazione e qual è una narrazione privata, ma soprattutto aiutare i cittadini a non utilizzare il telefonino come uno specchio. Perché moltissimi, soprattutto tra i più giovani, producono sé stessi, narrano sé stessi, si fotografano, raccontano qualcosa e poi guardano quanti li guardano, quanti mi piace hanno preso, quindi restano avvolti in uno specchio quando il digitale dovrebbe essere una finestra”.

“Se posso, – chiosa Barbara Floridia a proposito della IA – c’è solamente una cosa che l’intelligenza artificiale e che la digitalizzazione, probabilmente sempre più avanti, non faranno mai, ed è invece ciò di cui abbiamo bisogno, ossia l’errore. Perché l’errore rompe la catena, perché è l’anello che non tiene, è la smagliatura nella rete che fa scappare fuori un pesce. È nell’errore, e quindi in quella imperfezione, che c’è l’arte, la cultura ed il salto evolutivo. E questo lo possiamo mettere solo noi, noi persone”.

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