Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

Aziende e sviluppo: la vera sfida non è il digitale, ma trovare e trattenere i talenti | L’analisi di Roberto Zarriello

La guerra per il talento è aperta, e il campo di battaglia è l’azienda. Nel mondo del lavoro non mancano solo le competenze, manca soprattutto una visione nuova e concreta per attrarre e trattenere le persone giuste.

È quanto emerge dal Rapporto sul futuro dell’occupazione 2025 del World Economic Forum: solo il 31% delle aziende prevede un miglioramento nella disponibilità di talenti nei prossimi cinque anni, mentre quasi la metà si aspetta il contrario.

In questo contesto competitivo, il vero rischio non è solo non trovare le persone, ma non riconoscere il talento quando ce lo si ritrova in casa. È qui che entra in gioco il modello di BTS, società internazionale di consulenza specializzata nel lato umano della trasformazione strategica. La sfida è costruire team resilienti, motivati e ad alte performance. Un obiettivo ambizioso, ma possibile, se si adottano strumenti e strategie efficaci.

La parola “talento” è vecchia di decenni, ma continua a essere centrale.
“Ogni realtà ha caratteristiche uniche. Per questo serve un percorso chiaro che aiuti a definire cosa significhi davvero talento in quel contesto”, spiega Francesco Fanelli, VP di BTS Italia.

Non basta più cercare i profili giusti, serve allineare le competenze alla cultura e agli obiettivi dell’organizzazione. Ad esempio, Apple e Siemens hanno integrato la leadership e l’innovazione nei criteri di selezione. Le aziende che riescono a farlo crescono del 15% in più, secondo uno studio pubblicato su Strategic Management Journal.

Il contesto conta più del curriculum. Le performance eccellenti non dipendono solo dal singolo, ma dall’ambiente in cui opera. Un concetto ribadito da Groysberg e Lee in una ricerca del 2009: anche il professionista migliore può fallire in un contesto sbagliato. Per valorizzare davvero il talento servono strumenti affidabili. Gli Assessment Center, utilizzati da aziende come Procter & Gamble, migliorano del 25% le decisioni sulle promozioni. Ma la vera svolta sono le simulazioni aziendali.

“Consentono di testare le competenze in ambienti realistici. Si può osservare come una persona decide sotto pressione, come risolve problemi e guida un team. Tutto senza rischi per l’azienda”, spiega Massimo Posarelli, VP di BTS e responsabile Talent Insight per l’Europa del Sud.

Il vantaggio è doppio: apprendimento più rapido e miglior esecuzione delle strategie. È un modo per allenare le soft skill e prepararsi a gestire l’incertezza. Le aziende che investono nello sviluppo professionale riducono il turnover del 31%. Amazon e GE lo fanno da anni, puntando su leadership e aggiornamento continuo. Ma non basta formare, bisogna anche saper fidelizzare. Le imprese che curano la retention riducono il turnover del 20%.

“La fidelizzazione nasce da ambienti che generano coinvolgimento e da progetti in cui il dipendente si riconosce”, sottolinea ancora Posarelli.

L’automazione e l’intelligenza artificiale stanno cambiando tutto, ma la tecnologia non sostituisce il talento, al massimo lo potenzia. La differenza, ancora una volta, la fanno le persone.

Proprio per questo le aziende non possono più affidarsi solo a strategie, numeri o software. Serve un approccio umano, personalizzato, coerente. Serve visione. E serve far crescere il talento dove già c’è. Perché nel nuovo mondo del lavoro, il successo lo determina chi sa ascoltare, valorizzare e far crescere le proprie persone, non chi le rincorre.

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.