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Cari politici, il destino del Sud dipende dalle città | L’intervento dell’economista Giuseppe Coco

Ci sono idee che sono particolarmente affini all’animo meridionale che talvolta non corrispondono alla realtà. Una è quella che siamo la nostra terra è unica e migliore, nelle parole del Principe di Salina che siamo ‘il sale della terra’, oggi avvalorata dall’ondata di turismo che in realtà sta sommergendo l’intera Europa meridionale. L’altra, opposta e concomitante, è che siamo periferici e svantaggiati, una enorme area interna. È molto importante che i candidati delle due più grandi regioni del Mezzogiorno siano coscienti di quali siano i temi che davvero rilevano, perché si corre il rischio di avere campagne non focalizzate sui veri problemi dei pugliesi e campani, ma su suggestioni basate su quei pregiudizi, care agli intellettuali, ma sempre più sganciate dalla realtà dei fatti.

Molto del destino delle nostre terre dipenderà dalla capacità di far funzionare le città e di costituire una rete efficace tra di loro. La Campania ha la sua metropoli, una città con innumerevoli problemi, ma con un potenziale attrattivo enorme fatto di capacità e creatività in gran parte inespresse per le difficoltà di contesto soprattutto nei trasporti e nella capacità di far funzionare i servizi pubblici anche essenziali. In Campania circa il 35% degli abitanti vive in città di o sopra i 50mila abitanti, una percentuale molto elevata, e anche gran parte del resto della popolazione vive in continuità territoriale con i grandi centri. La sola Piana di Napoli, un territorio di fatto quasi interamente urbanizzato, pur costituito da piccoli comuni, contiene circa la metà della popolazione della Campania.

Dei (poco meno di) 4 milioni di abitanti in Puglia il 40% vive in centri di più di 50mila abitanti e gli altri vivono quasi tutti in aree densamente popolate come il Salento o l’area metropolitana di Bari, anche se formalmente in comuni minori. Le aree urbane, includendo i comuni contigui alle metropoli, costituiscono già oggi di gran lunga la maggioranza della popolazione.

Il successo delle nostre regioni dipende dalle città. Le recenti teorie sullo sviluppo territoriale non lasciano spazio a dubbi. Lo sviluppo procede per aggregazioni di attività e professionalità innovative in centri urbani capaci di attrattività sufficiente, e in assenza di queste aggregazioni è impossibile avere sviluppo. Per certi versi si può quindi leggere il fallimento delle politiche di coesione nel Mezzogiorno proprio in termini di incapacità delle nostre città di essere sufficientemente attrattive per i nostri giovani più brillanti, anche provenienti dalle aree interne. Non tutto è perduto però. Nel recente Convegno sui Divari regionali e politiche di sviluppo tenutosi presso l’Università Vanvitelli, l’importante storico economico della LSE Juàn Roses ha mostrato evidenze secondo le quali mentre in passato le aree più sviluppate tendevano a creare sviluppo attorno secondo un principio di contiguità geografica, oggi la continuità geografica è meno importante. Bisogna però sapere quali sono le sfide vere.

Due sono le questioni centrali per i nuovi governatori. La prima è far funzionare i servizi pubblici e di trasporto, soprattutto di collegamento tra aree urbane per attivare quelle agglomerazioni esistenti in potenza, ma inespresse. È necessario in particolare attivare processi innovativi partendo dalle basi, migliorando, con i canali disponibili alla regione, le performance della scuola e dell’università. Non si creano startup davvero innovative senza una formazione adeguata e solo talvolta si tratta di spendere di più. Più spesso si tratta di ricordare che la scuola deve creare apprendimenti, non inculcare valori a degli ignoranti.

La seconda è contrastare lo scivolamento verso il terziario turistico della struttura produttiva. La struttura industriale delle due regioni non è enorme, ma è importantissima per mantenere attività ad alta produttività e alti salari per evitare che i nostri figli finiscano per fare tutti i camerieri di altri europei. Allo stesso tempo e con gradualità rafforzare una presenza nei settori più innovativi legati alle tecnologie digitali. La precondizione però è che l’istruzione torni a creare capacità.

Altra condizione per attivare gli effetti positivi è il mantenimento di una offerta di alloggi accessibili in città, soprattutto per i giovani. Questo presuppone una sufficiente nuova offerta di abitazioni, e non irragionevoli restrizioni che sono in fondo solo nell’interesse della rendita della alta borghesia cittadina, già proprietaria di immobili centrali. E allo stesso tempo un attento lavoro sui prezzi dell’energia, che devono diventare accessibili senza bonus, ma per effetto di una maggiore offerta.  

In ogni caso è bene essere consci che Puglia e Campania non sono aree interne. Sono, in potenza, le metropoli del sud e ci si candida per governare e far funzionare queste metropoli. All’interno di ambiti ristretti come le nostre regioni anche le periferie prosperano solo se i centri sono abbastanza forti. Se invece punteremo solo a redistribuire una torta che si restringe inesorabilmente, a breve la torta non ci sarà più.

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