Le cronache riferiscono di ipotesi di richieste di aumenti salariali da parte di rappresentanze del personale della Bce le quali, per non perdere terreno di fronte alla spinta dell’inflazione, prenderebbero come punto di riferimento l’incremento delle retribuzioni del 6,9% che sarebbe stato riconosciuto ai dipendenti addetti alla Commissione Ue.
In attesa di un chiarimento su questa vicenda, scrive MF-Milano Finanza, sono facili da immaginare i commenti che ne scaturiscono, considerata l’insistenza della presidente Christine Lagarde e dei diversi banchieri centrali nazionali facenti parte dell’Eurosistema sulla necessità di prevenire una spirale prezzi-salari che danneggerebbe gravemente l’azione monetaria di contrasto dell’inflazione.
Si ipotizzerebbe, poi, l’introduzione di un meccanismo per aumenti stipendiali semi-automatici, una sorta di dimidiata scala mobile.
Insomma, se ciò fosse confermato, sarebbe netto, per la parte cosiddetta datoriale, il contrasto tra ciò che si predica con tenacia per gli altri, anche se significativi casi di ” spirale” finora non si sono realizzati, e ciò che, invece, si farebbe in casa propria.
Insomma, fate quel che dico, ma non quel che faccio.
Questa esigenza di coerenza non è, però, nuova per una Banca centrale.
Ricordo che, quando negli anni Settanta, si sosteneva da molte parti l’esigenza di superare o quanto meno di ridurre le indicizzazioni “reali”, innanzitutto quelle di stipendi e salari, entrarono ovviamente nell’occhio del ciclone le scale mobili cosiddette anomali, tra le quali quella del settore bancario e quella della Banca d’Italia.
All’accelerazione della soppressione di quest’ultima, voluta dagli organi di vertice di Cgil, Cisl e Uil, contribuì in maniera determinante un’affollatissima assemblea di dipendenti della Banca, tenuta a Palazzo Koch, nella quale il leader sindacale della Cgil Rinaldo Scheda, nell’elencare le misure da modificare o abrogare, indicò anche la scala mobile anomala e ciò fu seguito da una standing ovation che le confederazioni sindacali interpretarono come un ” via libera” all’abrogazione, alla fine attuata.
Non va comunque dimenticato che specifici trattamenti economici e normativi hanno una motivazione – e storicamente l’hanno avuta – di selezionare un personale di elevata professionalità e capacità: una motivazione riconducibile all’esigenza di dare concretezza con l’operare all’autonomia e indipendenza di una banca centrale.
Altra cosa sarebbe una tutela corporativa o fondata su di un non condivisibile ” favor” categoriale.
Eppure, un istituto centrale si trova nella condizione di non dovere offrire appigli nel dibattito pubblico e in sede politica a rilievi che siano basati su di uno iato tra il dire e il fare.
La sensibilità è diffusa su questa materia.
Ricordo le lunghe discussioni che vi furono in Banca d’Italia quando, due anni prima del referendum sulla scala mobile del 1985, fu deciso, a livello nazionale, di intervenire sui futuri relativi scatti, ma non ancora in forma cogente.
Allora a Via Nazionale nelle intese tra Banca e Organizzazioni sindacali si discusse se adottare l’espressione “previsione” (degli scatti) o “programmazione” ovvero, ancora, “predeterminazione”, con l’esclusione alla fine di quest’ultima e la scelta preferenziale della prima.
Analoghi dibattiti si sono svolti nei decenni successivi a proposito dell’intreccio inevitabile (si pensi ai trattamenti pensionistici) tra misure normative esterne e negoziati interni.
L’aspetto che può avere una funzione risolutiva è dato dall’agire sulla produttività del lavoro anche (e soprattutto) in un settore che è un unicum quale quello rappresentato da una Banca centrale o da un Sistema di banche centrali.
Efficienza, produttività, efficacia, dei singoli e collettive, se adeguatamente misurate, ben possono costituire la base per dosati incrementi stipendiali.
Così come la valutazione dell’apporto alla collettività con le operazioni e con i servizi previsti: materia sulla quale, proprio in questi giorni, continua il “Viaggio” della Banca d’Italia per darne illustrazione nelle Regioni con l’importante opera di un’alta dirigente, particolarmente competente e con una non comune esperienza, che è Paola Ansuini.
La vicenda della contrattazione in Bce è particolarmente interessante, bisogna dire che in essa “si parrà la nobilitate” del vertice dell’Istituto.








