Alessandro Onorato, Assessore ai Grandi Eventi, allo Sport, al Turismo e alla Moda della città di Roma Capitale, ha partecipato all’evento “Insieme per il futuro di Roma e del Lazio” organizzato dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia il 28 maggio 2025 a Roma.
L’Assessore Onorato ha portato il suo contributo come relatore al panel: “Roma e il Lazio verso il futuro: strategie e investimenti per uno sviluppo sostenibile” moderato dal giornalista Mediaset Giuseppe Brindisi.
Questo è la vera sfida: tre anni e sette mesi fa dopo tanti anni si certificava a Roma un turismo del tutto casuale a Roma, cioè non c’è mai stata una vera strategia se dobbiamo essere onesti sul passato. Cioè non ci si è mai posti la domanda perché un turista dovrebbe venire a Roma, si è sempre fatto un’equazione abbastanza banale, intuitiva, abbiamo il Colosseo, abbiamo i Fori Imperiali, abbiamo il Panteon, abbiamo un patrimonio pazzesco, ovvio che i turisti devono venire qua.
Non c’è bisogno di un corso di laurea per capire che invece la competizione globale è basata non soltanto su quello che tu hai, ma su quello che racconti e su dei motivi che devi generare per i quali un turista non soltanto viene a vivere un’esperienza, ma il turista deve rimanere soddisfatto e tornare nuovamente, rimanere un giorno in più.
Quindi diciamo che possiamo segnare due dati numerici: il primo, quando noi siamo arrivati Roma aveva un terzo dei posti letto 5 stelle lusso di Milano, un terzo. Tra due anni noi avremo il 40% in più dei posti letto a cinque stelle di Milano.
Questo elemento è un elemento del tutto normale, l’errore era che in passato Roma non avesse mai permesso a chi voleva investire di poter aprire queste strutture, il paradasso è che Roma aveva due grandi buchi, i 5 stelle lusso e gli studentati.
E se ci riflettiamo un attimo chi studia sarà statisticamente la classe dirigente del domani, perché è un po’ complicato se non studi riuscire un domani a permetterti anche un albergo a 5 stelle. Quindi gli investimenti vanno in due direzioni opposte con numeri impressionanti, ma soprattutto innanzitutto dovevamo rigenerare la fiducia per tornare a Roma, cioè superare un turismo casuale e generare un turismo mirato grazie ad una serie di grandi eventi sportivi, culturali, dell’arte, della moda.
Ieri c’è stata la sfilata di Dior, Dior nella sua storia non aveva mai sfilato a Roma, a luglio sfilerà Dolce e Gabbana, in 43 anni di storia non aveva mai sfilato a Roma e se qualcuno pensa che aziende di questo calibro vengono qui perché Roma è semplicemente bella – e questo è un dato oggettivo, non è certo merito nostro – si sbaglia, perché oggi il più grande soft power che esiste nel mondo, e ce lo insegna l’Arabia Saudita, è proprio questo, è quello dei grandi eventi, è quello di utilizzare dei driver che rendono un posto innanzitutto moderno e stabiliscono un motivo per tornare.
E concludo sottolineando l’ulteriore sfida che è fare in modo che i turisti si distribuiscano nella città, che non stiano concentrati nel tridente, ma per fare questo bisogna sviluppare delle destinazioni fuori dal centro che esistono. Le faccio un esempio pratico, noi abbiamo con dei fondi peraltro in collaborazione con il Ministero del Turismo fatto 7 nuovi itinerari turistici, uno per tutti il Parco degli Acquedotti.
Il Parco degli Acquedotti è uno di quei luoghi, sono 7 acquedotti tra la Roma antica e i Papi con i resti che sono lì, che quando noi andiamo nelle fiere in America e gli facciamo vedere delle foto pensavano fossero dei cartonati di Cinecittà. Quando realizzano che esistono, che uno può andare lì, capiscono che è un’esperienza interclassista perché se lo può permettere il milionario ma anche chi non ha nulla, è una passeggiata, vivi la storia.
Se noi potessimo staccare quel luogo, quei chilometri di Acquedotti e li mettessimo scegliete una simpatica e sorridente città norvegese, solo quegli Acquedotti genererebbero 10 milioni di presenze turistiche. Ma siccome ce li abbiamo a Roma e non vengono pubblicizzati, non generano nulla. Sono un parco fantastico per chi abita in 7 municipio, oggi se voi ci andate c’è un’infografica, una pannellistica dei percorsi, un’app gratuita in italiano e inglese ma soprattutto è una di quelle location, uno di quei parchi monumentali unici al mondo che potremmo definire location da un punto di vista commerciale che valgono il biglietto della vacanza.
E’ così la città di Gabii, è così Forte Bravetta, è così Ostia Antica, è così per mille altri posti. Questa è la direzione dei prossimi anni. La consapevolezza che il parco degli Acquedotti sia una meta unica è un dato oggettivo motivo per il quale l’abbiamo valorizzato ed oggi è uno degli itinerari nuovi e rientra in quella tipica strategia di marketing dove ognuno di noi quando va a New York, a Parigi, a Londra, ma per non dire a Abu Dhabi o qualunque altro posto rimane con il dubbio quando va via ma forse dovevo vedere qualcos’altro e quindi lo tiene nel cassetto della memoria per quando dovrà decidere un’altra vacanza, che è quello che noi stiamo facendo su Roma.
Cioè noi stiamo approcciando in maniera scientifica, molto meno umorale, questo genera anche talvolta delle critiche rispetto alle resistenze, perché quando per anni in una città non si investe, quando per anni era più semplice dire no, noi siamo sempre la città che qualche anno fa è riuscita a dire no alle Olimpiadi, adesso non è che voglio dire regalandole ad una città amica ma totalmente competitor come Parigi e come Los Angeles, perché i grandi fondi, i grandi investimenti non è che hanno il dubbio se investiamo in Italia o in Francia o in America, sono indecisi se investire in una città o in un’altra, perché le città sono divise per caratteristiche similari, per esempio Roma e Parigi sono due città molto simili, seppur diverse per mille cose.
Abbiamo per esempio la fascia più alta di arrivi turistici che sono del Nord America allo stesso punto, abbiamo avuto un boom di questo segmento nello stesso momento, veniamo considerate come meta competitor in maniera oggettiva, e allora noi abbiamo oggettivamente due criticità, una mentale, che noi romani, non saremo noi, però per tanti anni si è sviluppato un negativismo cosmico, dove era meglio dire no alle scelte difficili piuttosto che affrontarle, era meglio dire facciamo l’ordinario senza essere in grado di fare l’ordinario piuttosto che dire facciamo lo straordinario, rispetto all’evento di oggi.
E qui c’è un metodo che sta avendo successo e che è anche molto inviso trasversalmente dai partiti politici, che viene sintetizzato come modello giubileo, che non è nient’altro di una fortissima collaborazione istituzionale tra persone che servono il proprio paese, sindaco, regione, Presidente del Consiglio, prefetto, che dà risultati straordinari, che diventano plastici visivi nel caso drammatico della morte di Papa Francesco, in un’organizzazione pazzesca, in un’immagine fotografica unica, o tutto quello che è avvenuto dopo, perché io credo che questa città abbia dimostrato che è in grado di poter fare qualunque cosa.
Il secondo grande problema che abbiamo è la carenza infrastrutturale. Questa è una città che si regge su uno sviluppo, al netto dei romani che erano molto più bravi di coloro che sono venuti dopo per una serie di secoli, ma su uno sviluppo fatto nel 1900 e durante l’epoca fascista e per le Olimpiadi del 60. Dalle Olimpiadi del 60 in poi non c’è mai più stata una strategia di sviluppo infrastrutturale, questo sta avvenendo in questi anni e non lo dico perché noi amministriamo Roma, lo dico perché anzi c’è una forte collaborazione per recuperare tempo perso.
In questo momento ci sono 17,7 miliardi di euro di investimenti su Roma, tra fondi pubblici e privati, fondi pubblici perché comune, regione e governo collaborano e quindi quello che era quasi un reperto archeologico dove le mie amiche della sovrintendenza avrebbero potuto mettere un ulteriore vincolo, cioè i cantieri della metro perché stavano lì da talmente tanto tempo, ma nessuno ci lavorava, oggi sono opere che si realizzano, che il governo Meloni collaborando con il sindaco Gualtieri finanzia. E quindi nessun romano credeva mai che la linea C sarebbe potuta arrivare alla Farnesina e ogni tanto qualcuno ci scrive ho visto che fanno i carotaggi.
Poi c’è ancora quello negativo cosmico che dirà sono finti quei carotaggi, però fatto sta che si stanno facendo e quindi tu vai a recuperare delle infrastrutture, è evidente che su infrastrutture del 1900-1945, vedi il foro Italico, bellissimo, ma possiamo dire un po’ complesso da gestire? Vi posso fare un esempio? Noi abbiamo recuperato il comune, il palazzetto dello sport e via Letiziano fatto per le Olimpiadi del 60, dove il grande Nervi, questa volta è come il Palaeur, voleva esaltare il pugno dello sport da contatto, adesso che genera?
Immaginate che oggi un palazzetto l’amministrazione pubblica lo mette a break even, a ritorno economico per evitare i soldi dei contribuenti, se ci fai anche eventi musicali, immaginate quanto è utile l’eco dello sport da contatto per un concerto.
Siamo con infrastrutture antiche dove però tu porti la finale di Coppa Italia, 65 mila persone, a 700 metri di distanza Sinner che torna a giocare e a quel punto ci dobbiamo fare una domanda, che città vogliamo? Una città viva che produce ricadute economiche e occupazionali o una città morta perché abbiamo infrastrutture del 1900? Io credo che nel frattempo che miglioriamo le infrastrutture è meglio generare ricadute economiche perché senza ricadute economiche una città muore, ma muore anche nella comunicazione, muore nelle nuove generazioni a cui facciamo studiare, li formiamo e poi scappano dall’Italia e magari anche da Roma.
Quindi certo chi vive in quel quadrante, anche io, quella sera è stata una serata di passione come è normale che sia se arrivano 65 mila persone da fuori Roma con la macchina, però la sfida finale è tutta lì, mantenere alto il brand Roma perché Roma è un brand internazionale, però dobbiamo stare attenti, ci sono milioni, milioni di brand internazionali, ma quello che conta non è se sei un brand internazionale ma come vieni recepito come brand internazionale, perché fino a tre anni e mezzo fa noi eravamo i fessi del “no” alle Olimpiadi, tanto per essere chiari. Quindi è un brand internazionale con una concezione negativa, oggi quando una serie di aziende investono sono più credibili delle nostre parole, perché non è che Four Season è pazzo, che Roosevelt è pazzo, che investono ognuno più di 300 milioni per fare un albergo, evidentemente credono che questa città in tutti i suoi protagonisti che oggi qui hanno partecipato sono credibili nel dare una risposta ma soprattutto un ritorno.
Qui le parole dei politici contano poco, qui oggi c’è questo vento positivo e questi investimenti ci aiuteranno a recuperare, io credo, la più grande mancanza che abbiamo che rimane sicuramente l’aspetto infrastrutturale.








