L’obiettivo dei dieci aumenti consecutivi dei tassi di interesse da parte della Bce “è quello di raffreddare, frenare, le attività economiche per evitare che l’inflazione continui a rimanere elevata”.
Così Daniele Manca sul Corriere della Sera sottolineando che “non c’è molto altro dietro quanto deciso ieri dal vertice Bce.
Ma solo apparentemente.
Altrimenti, come ha rivelato la presidente dell’istituto di Francoforte, Christine Lagarde, la decisione presa dal consiglio direttivo non sarebbe stata a maggioranza, con alcuni membri che avrebbero voluto una pausa nei rialzi.
E la presidente avrebbe fatto intendere che siamo vicini alla fine degli aumenti.
Siamo in uno dei periodi più difficili nella breve storia dell’euro.
E i venti Paesi che ne fanno parte sicuramente possono trarre un bilancio positivo da quello che con lungimiranza si decise nell’ultima decade del secolo scorso.
Ma si è compreso chiaramente che l’avere un paracadute comune contro le crisi non basta.
E che ognuno dei venti deve fare scelte che gli permettano di riuscire a essere competitivo tra i Paesi dell’euro e di conseguenza a livello internazionale.
Ne va della sua crescita.
La trama dei prossimi mesi alla quale ci apprestiamo ad assistere – osserva l’editorialista – è purtroppo già nota.
Un governo che tenta di fare una manovra con le pochissime risorse che ci sono.
Ma l’inflazione è una delle minacce più insidiose per cittadini.
E su chi è in difficoltà e si è indebitato.
La Banca centrale può e deve essere criticata, ma bisogna farlo affinché si evitino errori le prossime volte.
Altro sono i rilievi fatti per minarne l’indipendenza o per asservirne le scelte alla politica dei governi.
Contro l’inflazione ogni iniziativa è benvenuta, posto che abbia effetti concreti.
Ma c’è un’arma che si è dimostrata tra le più efficaci nel combatterla: la concorrenza.
A dire il vero ben poco usata in Italia.
E, quanto a concorrenza, basti pensare a balneari e taxi per rendersi conto di quanto non sia un qualcosa che goda di grande seguito nel nostro Paese.
Né tantomeno il mercato, visto come luogo di profittatori e speculatori.
Ma è il mercato che impedisce a lobby e corporazioni di godere di rendite.
Che fa emergere le qualità di chi produce e lavora.
Che ha permesso l’affermarsi del made in Italy nel mondo.
Continuare ad averne paura dentro i nostri confini è un errore”, conclude Manca.








