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[L’analisi] I salari italiani sono bassi ed erosi dall’inflazione

Il rapporto presentato ieri dall’Ilo segnala la drastica diminuzione delle paghe nel Paese, oggi falcidiate dalla superinflazione (6% di potere d’acquisto perso solo nell’ultimo anno) ma già prima indebolite dalla bassa produttività con il 12% in meno negli ultimi 15 anni.

E il 6% sparito soltanto nell’ultimo anno. E la drammatica perdita di potere d’acquisto dei salari italiani, falcidiati oggi dalla superinflazione ma già ieri indeboliti dalla bassa produttività e dalla crescita al rallentatore.

Una corsa al ribasso quasi solitaria nella sua intensità, quella dell’Italia nel panorama internazionale, in base ai dati del Rapporto sui salari presentato ieri dall’ILO.

Secondo l’Organl-2a ione internazionale del lavoro che fa capo all’Onu, tra la fine del 2021 e oggi il boom dei costi dell’energia e gli aumenti generalizzati dei prezzi hanno pesato anche sugli altri Paesi. Ma in media su scala globale l’erosione del potere d’acquisto è segnalata a un – 0.9%, e nella mediaeumpea a un -2,4%.

Mentre il dato nazionale. ci ha visto lasciare sul campo ben sei punti in termine reali (mentre i salari nominali sono saliti di 2 punti).

La tempesta non è ancora finita, avverte il rapporto. Perché il tasso di inflazione è oggi oltre il 12% in Italia e per il tenore di vita dei lavoratori dipendenti si annunciano nuovi sacrifici.

Per questo occorre adottare, afferma il direttore dell’llo per l’Italia Gianni Rosas, «politiche a supporto del tenore di vita delle famiglie, altrimenti il deterioramento dei redditi reali continuerà portando a un calo aggregato della domanda e aumentando il rischio di una recessione più profonda» il prossimo anno.

Anche la tendenza di lungo periodo non offre motivi di ottimismo. I salari italiani sono in calo almeno a partire dal 2010, spinti al ribasso da una produttività stagnante. Complessivamente nell’ultimo ventennio la produttività del lavoro è calata da noi del 4,8% e i salari del 7,3%.

Al contrario nella Ue si è assistito a una crescita, rispettivamente, del 21,5 e del 17,6%. Le ragioni della cattiva performance italiana, sottolinea l’Ilo, vanno ricercate nell’alta concentrazione di lavoro nelle mansioni a basso valore aggiunto, nella precarietà dei contratti e negli scarsi investimenti in formazione.

Solo la Spagna ha registrato nell’arco degli ultimi 15 anni un calo dei salari che è stato pert) la metà di quello italiano: – 6% rispetto al nostro -12%.

Mentre i Paesi dell’est europeo registravano aumenti record del potere d’acquisto, la Germania saliva de112% e la Francia del 6%.

All’interno del G20 il segno meno ha riguardato solo il Giappone (-2%) e il Regno Unito (-4%) oltre all’Italia, nel cronico calo della produttività italiana, l’Ilo segnala una inversione di tendenza avvenuta nel 2022. Elemento che potrebbe permettere ora un adeguamento dei salari senza alimentare una rincorsa tra prezzi e retribuzioni

L’impatto della pandemia e poi dell’inflazione ha colpito in particolare i lavoratori con basse retribuzioni.

La combinazione tra perdita di lavoro e riduzione delle ore lavorate negli anni del Covid ha portato a un aumento dei bassi salari sul totale: il peso del working poor, dei poveri che lavorano, è salito in Italia dal 9,6 a1 10,5% tra il 2029 e il 2020.

E a soffrire di più sono stati in particolare i lavoratori a tempo determinato e quelli in part time. Secondo l’llo è necessario puntare su una crescita economica basata su lavori dignitosi e di maggiore qualità

L’aumento dei prezzi ha un effetto molto maggiore sui bassi redditi perché l’inflazione è più alta sui beni primari, quelli che rappresentano la maggior parte della spesa per i salari di fascia bassa. Così per queste famiglie l’inflazione è più alta rispetto a quella media tra uno e quattro punti.

L’impoverimento dei salari ha colpito soprattutto i giovani, che sono particolarmente numerosi nelle occupazioni a basso reddito, ma anche la fascia d’età intermedia, 35-50 anni.

Mentre il divario salariale di genere è rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi anni. In Italia però il differenziale medio resta molto elevato: l’11% sul salario orario e il 16,2% sul salario mensile. Un dato che però, secondo il rapporto nasconde le maggiori perdite occupazionali subite dalle lavoratrici durante l’emergenza Covid.

A fronte della drammatica perdita di potere d’acquisto dei salari, «attraverso la contrattazione collettiva le parti sociali possono trovare soluzioni di contrasto dell’erosione dei salari», afferma il rapporto.

Mentre «misure di adeguamento dei minimi salariali possono supportare soprattutto i lavoratori con bassi stipendi. Nel contempo è necessario migliorare le competenze dei lavoratori attraverso istruzione e formazione e contrastare il divario salariale tra uomini e donne».

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