Le sanzioni economiche sono uno strumento che è stato largamente usato negli ultimi decenni per imporre la volontà della comunità internazionale su cosiddetti “paesi canaglia”. Questo tipo di sanzioni sono anche un elemento essenziale della politica estera americana e si presuppone abbiano il vantaggio di non creare effetti direttamente impattanti sulle popolazioni, o almeno questa sembra sia la percezione che si ha in Europa e in particolare, in Italia.
La forza delle sanzioni
Le sanzioni, per quanto possano sembrare uno strumento blando, sono in realtà un’arma devastante sulla popolazione e bisogna tenere in considerazione le conseguenze che esse possono provocare se implementate in modo consistente e sistematico nei confronti di un paese.
Il caso dell’Iraq
Un esempio di come le sanzioni possono mettere in ginocchio un paese e danneggiare, non solo il leader del paese, ma anche la popolazione è il caso dell’Iraq degli anni 90. Le sanzioni contro l’Iraq consistettero in un embargo finanziario e commerciale totale imposto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite attraverso la risoluzione 661, adottata il 6 agosto 1990, quattro giorni dopo che l’Iraq aveva invaso il Kuwait. In seguito alla fine della prima guerra del Golfo del 1991, le rigorose sanzioni economiche furono intensificate attraverso la risoluzione 687, che includeva disposizioni per la rimozione delle armi di distruzione di massa. Le quali sono rimaste saldamente in vigore fino a maggio 2003 (Risoluzione UNSC 1483).
La decisione del Consiglio di Sicurezza ed in particolare degli Stati Uniti e Gran Bretagna fu motivata con l’intenzione di deprivare l’Iraq delle risorse finanziarie per continuare il conflitto e come strumento per influenzare la leadership irachena sulle politiche future. Le sanzioni all’epoca ebbero gli effetti desiderati e riuscirono a danneggiare gravemente un’economia basata sull’export di materie prime annientando così la possibilità irachena di armare il proprio esercito. Successivamente all’implementazione della risoluzione 687, Saddam non disponeva più delle risorse per ammodernare l’esercito e per poter portare avanti politiche aggressive nella regione.
Gli effetti sulla popolazione irachena
Tuttavia, le sanzioni ebbero un secondo effetto devastante sull’Iraq che inizialmente non fu preso in considerazione dalla comunità internazionale. Infatti,chi subì gli aspetti peggiori delle sanzioni fu la popolazione irachena, la quale si trovò ad affrontare una realtà surreale dove anche i beni di prima necessità non erano più disponibili.
Le sanzioni economiche all’epoca furono in grado di arrestare la macchina bellica irachena, ma al contempo risultarono in malnutrizione, morte infantile, riduzione dei tassi di alfabetizzazione ed l’interruzione della struttura familiare creando così numerosi problemi socio-economici che sono stati un elemento fatale per il futuro del Paese e della regione fino ai giorni d’oggi.
Prima del 1990, l’Iraq rientrava tra i paesi a reddito medio con una produzione nazionale lorda pro capite annuo di US$ 2800. Le politiche statali degli anni sessanta e settanta resero possibile la creazione di servizi pubblici efficaci, come ad esempio il sistema sanitario iracheno, che permisero alla popolazione irachena di avere accesso a svariati servizi essenziali per uno standard di vita accettabile. Successivamente all’implementazione delle sanzioni, il sistema di welfare pubblico crollò in Iraq e si assistette ad un aumento drammatico di mortalità nella popolazione, in particolare la parte più colpita della popolazione furono i più giovani e gli anziani.
L’abbandono scolastico e gli effetti sui giovani iracheni
I giovani più di tutti hanno subito le gravi conseguenze di queste sanzioni. Infatti, si assistette ad un elevato tasso di abbandono scolastico di circa il 20-30%, e questo accadeva in un paese che fino ad allora era stato internazionalmente riconosciuto come dotato di standard educativi molto elevati. Ovviamente, il basso tasso d’istruzione ha influito anche sulla mentalità di questa generazione attratta più facilmente da ideologie radicali che hanno caratterizzato la regione negli anni successivi al 2000.
Secondo le stime dell’UNICEF, circa 1.500.000 iracheni, principalmente bambini, sono morti come diretta conseguenza delle sanzioni imposte. Molti altri sarebbero morti a causa del caos in cui era rimasto il paese dopo la prima guerra del Golfo. Negli ultimi anni vi sono state svariate discussioni relative alla veridicità dei dati riportati da organi indipendenti e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma tutti questi dubbi sono stati screditati in svariate circostanze anche da organi riconosciuti a livello internazionale e dall’ONU come il Geneva International Center for Justice.
I grafici riportati, della rivista accademica Eastern Mediterranean Health Journal, evidenziano l’incremento di mortalità infantile relativa al periodo che va dagli anni 80 fino al 1999.


La disoccupazione e l’isolamento internazionale
Sotto il collasso economico causato dal regime sanzionatorio, i giovani adulti appena formati e laureati trovarono elevata difficoltà a trovare un impiego. La disoccupazione diventò un problema endemico in Iraq e le difficoltà economiche misero a dura prova il mantenimento delle relazioni sociali fino ad allora non messe in discussione. In aggiunta, la svalutazione della valuta nazionale, la dinar, distrusse i risparmi e gli stipendi di professionisti e lavoratori. Nel 1990 la dinar valeva 3 dollari, nel 1999 un dollaro americano poteva essere scambiato per 1.500 dinar.
Il secondo elemento più dannoso per la comunità irachena, oltre all’aspetto economico, fu l’isolamento internazionale. La popolazione più giovane maturò senza la consapevolezza dei cambiamenti nel mondo e della percezione dell’Iraq all’esterno. La popolazione irachena, tramite i media locali, era soggetta solo ai messaggi della propaganda del regime di Saddam, accrescendo così l’ostilità nazionale nei confronti dell’occidente e dei paesi vicini. Senza i vantaggi dei viaggi all’estero e dell’esposizione a informazioni e idee straniere i giovani iracheni invece di ribellarsi all’oppressione del regime diventarono da prima succubi e poi sostenitori del regime. L’occidente così facendo fu in grado di allontanare quella parte della popolazione che sarebbe potuta essere il motore di un cambiamento interno.
Le sanzioni in Iraq non portarono a un cambio di regime
Le sanzioni sono state capaci di distruggere un’economia e mettere in ginocchio un paese senza però portare un cambio di regime e senza intaccare il suo potere sul paese. Il regime di Saddam nonostante le sanzioni continuò ad opprimere la propria popolazione con la stessa violenza di prima. Le sanzioni al contrario di quanto sperato, risultarono in un arricchimento ulteriore del regime che accentrò il proprio potere ed influenza sfruttando la debolezza della popolazione ormai isolata dal resto della comunità internazionale. In aggiunta, gli strumenti proposti dalle Nazioni Unite per alleviare la drammatica situazione della popolazione Irachena come il programma Oil-for-Food furono sfruttati dal regime come strumento per arricchire le casse di stato senza alleviare le sofferenze della popolazione.
Il parallelismo tra l’Iraq e la Russia
Il caso Iracheno può servirci da monito alle conseguenze delle sanzioni per l’economia di un paese e sulle ripercussioni di esse sulla popolazione che sfortunatamente si trova ad essere succube delle politiche scellerate dei loro regimi autocratici. Il caso che oggi affligge l’opinione pubblica italiana ed europea è quello russo che, con le dovute differenze, potrebbe in futuro diventare il prossimo Iraq. Le scelte della leadership russa di invadere l’Ucraina rischiano di riportare indietro la Federazione Russa di decenni per colpa delle ritorsioni economiche americane ed europee. Nello specifico, le sanzioni economiche europee sono state molto blande dal 2014 fino ad oggi e non hanno ancora intaccato direttamente l’import del petrolio e del gas, ma nonostante ciò sono state in grado di ridurre i redditi medi, soprattutto per la metà più povera della popolazione. Sebbene il PIL pro capite russo nel 2018 sia rimbalzato, i redditi mediani no.
Il rischio recessione in Russia
Secondo il Luxembourg Income Study, il reddito medio russo nel 2019 è del 10% inferiore al picco del 2012. Il World Happiness Report, basato su sondaggi che chiedono alle persone di valutare come si sentono riguardo alla propria vita, ha rilevato che l’umore in Russia è calato. Dal 2017 i russi si sono classificati come meno felici rispetto al 2012. In aggiunta, il Fondo Monetario Internazionale prevede una “brutta recessione” in Russia nei prossimi anni e l’Institute of International Finance prevede una contrazione dell’economia del 15%. Ciò sarebbe in grado di annullare due volte la crescita dei redditi reali nell’ultimo decennio.
Come riportato dal Economist: “Se le proiezioni di una contrazione del 15% dovessero essere corrette, entro la fine dell’anno l’economia russa sarà inferiore del 7% rispetto al 2012. La Russia non ha solo perso un decennio di crescita, che si tratti di economia, salute o felicità. Si sta spostando nel passato.” La Russia con l’intensificazione delle sanzioni cadrà in una spirale di recessione economica che sarà in grado di riportare indietro il paese di decenni. Questa situazione non è del tutto positiva per l’Unione Europea e per l’Italia, le conseguenze di ridurre un paese in macerie si sono viste nella storia ed esse sono in grado di colpire anche i paesi della regione sia da un punto di vista economico, ma sopratutto da un punto di vista sociale e di interazione tra stati.

Quale sarà la Russia del dopo-conflitto?
In futuro, per colpa delle attuali sanzioni economiche potremmo dover trovarci ad interagire con un paese che seppure potenzialmente innocuo dal punto di vista militare ed industriale, rimarrebbe fondamentalmente ostile nei confronti dell’occidente. Le sanzioni hanno uno scopo nobile che è quello di fermare la guerra senza un intervento militare, ma finora non sembrano aver ottenuto l’effetto desiderato in un conflitto che non sembra volgere ad una fine. Le domande che dovremmo porgere sull’utilizzo delle sanzioni economiche sono: con quale Russia potremo interloquire domani dopo questa guerra? Quali saranno le conseguenze dell’isolamento della popolazione russa dal resto del mondo? La popolazione scenderà in piazza per protestare gli orrori del proprio regime o diventerà sempre più ostile nei confronti di un occidente sempre più lontano?
L’opinione pubblica in Russia con le settimane che passano sembra sempre più in supporto della guerra e radicalizzata in favore di Putin. L’Ucraina va supportata sia a parole che con i fatti, ma ricorrere alle sanzioni economiche per fermare questa guerra è una strategia potenzialmente miope. Le sanzioni avranno un effetto devastante sulla possibilità della Federazione Russa di muovere guerra. Al contempo porteranno la popolazione russa, che non ha le risorse per scappare dal paese, ad essere sempre più a favore del regime di Putin.
Il cambiamento interno sperato non si raggiunge isolando un paese ma tramite una costante interazione che richiede tempo, pazienza e lungimiranza. L’esperienza con l’Iraq ci dimostra quanto poco siano efficaci le sanzioni per creare un’opposizione in grado di cambiare un regime. Al contrario, l’Iraq sanzionato divenne più ostile ed anti-occidentale di prima, l’opposizione si trovò ad essere abbandonata all’interno di un paese fortemente controllato dal regime autoritario e con un popolo sempre più in miseria. É lo stesso destino che aspetta alla Russia? Spetta a noi deciderlo.
Bibliografia
- The economist, 01/04/2022. “Russians are fewer, poorer and more miserable than a decade ago”. Disponibile al: https://www.economist.com/graphic-detail/2022/04/01/russians-are-fewer-poorer-and-more-miserable-than-a-decade-ago?giftId=7a713f1f-13bb-4c7d-995d-5fc8124ca557
- Denis J. Halliday (1999). “The Impact of the UN Sanctions on the People of Iraq”. Source: Journal of Palestine Studies , Winter, 1999, Vol. 28, No. 2 (Winter, 1999), pp. 29-37.
- G. R. Popal (2000). “Impact of sanctions on the population of Iraq”. Eastern Mediterranean Health Journal, Vol. 6, No. 4, 2000. Disponibile al: https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/118930/emhj_2000_6_4_791_795.pdf?sequence=1&isAllowed=y
- GICJ positions and opinions – “Razing the Truth About Sanctions Against Iraq”. Disponibile al: https://www.gicj.org/positions-opinons/gicj-positions-and-opinions/1188-razing-the-truth-about-sanctions-against-iraq
- Bloomberg (31/03/2022). “83% of Russians Approve of Putin’s Actions as President in New Survey”. Disponibile al: https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-03-31/russians-embrace-putin-s-ukraine-war-as-kremlin-muzzles-dissent








