Gabriele Menotti Lippolis è stato intervistato su Italia Oggi da Carlo Valentini. Riportiamo di seguito il suo intervento integrale
«Le norme anti-delocalizzazioni che sono state varate avranno un effetto boomerang. Per attrarre investimenti esteri occorre fare marketing localizzativo, avendo qualcosa da offrire, cioè territorio favorevole agli insediamenti produttivi, tempi certi per le autorizzazioni, incentivi snelli, insomma un habitat realmente positivo. Diversamente è inevitabile che l’impresa estera scelga di localizzare altrove il proprio investimento o di andarsene se non trova un ambiente favorevole. Ancora una volta, e mi riferisco alle norme anti-delocalizzazioni, è stata premiata l’ideologia rispetto alla concretezza del problema».
Gabriele Menotti Lippolis, 44 anni, è da un anno presidente di Confindustria Brindisi, con delega all’energia per la Puglia. È tra gli imprenditori meridionali emergenti di Confindustria. Guida aziende nel comparto del turismo, delle risorse ecologiche e degli eventi green. Dice: «I ritardi che riscontriamo sul Pnrr non ci fanno ben sperare. Una mancata o errata allocazione delle risorse sarebbe una catastrofe. I fondi del Next Generation Eu debbono essere la grande opportunità per l’Italia ed il Mezzogiorno ma il rischio è che il Paese non sia pronto a ricevere questi finanziamenti. Non dimentichiamo che la gran parte delle risorse sono debiti che stiamo contraendo ma che dovranno pagare i nostri figli. Perciò l’impegno di tutti dev’essere massiccio. Non vedo ancora le riforme strutturali di cui c’è assoluto bisogno e senza le quali l’Italia non si sposta dalla scomoda posizione in cui è collocata dalla Commissione europea: ultima tra i Paesi Ue per capacità di impegno delle risorse europee e tra le ultime sei per capacità di spesa».
Mi pare pessimista sul Pnrr.
Temo si perda un’occasione storica ed è utile mettere in guardia da questa eventualità. Se non vengono modificati radicalmente gli iter procedurali e i meccanismi farraginosi che costituiscono colli di bottiglia da cui i progetti non riescono ad uscire non so come riusciremo a tener fede alle tempistiche che per altro abbiamo accettato per ottenere gli investimenti del Pnrr. Di semplificazioni, per ora, non ne ho viste. Il mio non è pessimismo, è realismo. Per esempio è da 5 anni che aspettiamo che la Zes (Zona economica speciale) di Brindisi diventi operativa ma è nelle sabbie mobili della burocrazia e dell’immobilismo.
In realtà delle Zes non ne funziona quasi nessuna.
Appunto. E’ emblematico di come vanno le cose. Pensi che il provvedimento riguardante le Zes è del 2017 ed era intitolato «Misure urgenti per il rilancio del Mezzogiorno»… Ora, e siamo nel 2022, finalmente pare che vi sia la nomina da parte del ministero dei commissari, ma restano aperti aspetti operativi ancora da mettere in moto. Le Zes potrebbero attirare nuovi investimenti e a suo tempo furono molto enfatizzate. Fatta la legge, non si è poi mosso nulla. Per non parlare della politica dei porti, si ipotizza da anni un piano per valorizzarli, ma mentre all’estero vanno veloci, noi rimaniamo fermi e finiamo per non essere più concorrenziali, mandando in fumo il business. Il fatto è che purtroppo da tanti, troppi anni la grande assente é la politica industriale e la mancanza di una efficace politica dei porti ne è un’evidente conseguenza.
L’inflazione e il caro-prezzi rallenteranno la ripresa?
Sicuramente. Aggiungo la difficoltà di approvvigionamento di alcune materie prime. Tutto questo, insieme alla recrudescenza dei contagi, sembra una tempesta perfetta.
Quale voto dare al 2021 che è appena terminato?
Il voto potrebbe essere un 7 perché il ritmo della ripresa è stato importante, ma non andrei oltre perché mi pare che la ripresa sia congiunturale più che strutturale. Per quanto riguarda Confindustria, è riuscita a limitare i danni della pandemia al mondo produttivo. Un riconoscimento di questo attivismo, a Brindisi, è il ritorno in associazione di Aeroporti di Puglia e l’adesione di due delle tre società pugliesi quotate nei mercati di Borsa Italiana. In particolare abbiamo chiesto al governo un confronto finalizzato alla definizione di un Piano nazionale del settore dell’aeronautica civile, che ha in Puglia e Campania distretti importanti. Per colpa del Covid il settore delle aerostrutture è in forte difficoltà e sarebbe grave disperdere questo patrimonio di know-how e di professionalità in un comparto ad alta tecnologia.
Che ne pensa della transizione ecologica così com’è stata concepita dall’Europa?
La tutela dell’ambiente non può che essere una priorità ma i provvedimenti vanno presi tenendo in considerazione le ripercussioni sui territori. Faccio l’esempio di una realtà che conosco, quella in cui opero. La sola chiusura della Centrale Enel produrrà la perdita di posti di lavoro stimata (con l’indotto) in circa 2000 unità. Si farà tabula rasa di tutto quanto ruota attorno alla centrale, dalle manutenzioni civili, metalmeccaniche ed elettrostrumentali, alle attività portuali relative allo scarico del carbone. A fronte di tutto questo non vengono previste alternative. Noi abbiamo proposto nuove filiere produttive e candidato la Puglia a diventare l’Hydrogen Valley italiana. Ma stiamo ancora aspettano risposte e fatti concreti. Se la transizione green cancellerà attività e posti di lavoro senza sostituirli ci sarà una rivolta contro l’ambientalismo, che è giusto ma non può non essere gestito.
Però la transizione si sta mettendo in marcia.
Brindisi è tra i pochi territori ad attuare un reale processo di transizione ecologica: basti pensare alla Centrale termoelettrica A2A di Brindisi Nord che ha dismesso la produzione a carbone di energia elettrica (quattro gruppi per 1300 MGW) mentre per la Centrale Enel di Brindisi Sud un gruppo è stato già dismesso, mentre per gli altri tre gruppi la chiusura è prevista entro il 2025. Ma chiudere e basta ci porta a essere cornuti e mazziati. Siamo i primi della classe ma aspettiamo provvedimenti alternativi che non arrivano: abbiamo chiesto sostegno per il recupero dei non pochi stabilimenti dismessi nella zona industriale ed è socialmente opportuno porsi il problema dei lavoratori in età avanzata, espulsi dal processo produttivo e che per ragioni anagrafiche di fatto non hanno alcuna possibilità di assunzione. Ma tutto tace, non c’è dialogo.
Perché non si riesce ad accorciare la forbice tra domanda e offerta di lavoro?
Il dato della disoccupazione è allarmante, a Brindisi l’asticella è al 20%, quella giovanile al 46%, cioè quasi un giovane su 2 non lavora. Mentre le aziende non trovano personale qualificato. Per troppo tempo c’è stato scarso dialogo tra i mondi di scuola, università e formazione e quello delle imprese e questi sono i risultati. Seppure a fatica, questo gap si sta recuperando. Non è un caso che le ultime sedute di laurea in Economia aziendale dell’universitá di Bari si siano tenute, per la prima volta, presso la sede di Confindustria. Molto lavoro c’è ancora da fare per accorciare la forbice tra domanda e offerta di lavoro. La strada non è certamente quella del Reddito di cittadinanza che non solo non è riuscito a inserire giovani nel mondo del lavoro ma spesso li ha allontanati.
Fonte della notizia: https://www.italiaoggi.it/news/senza-riforme-il-pnrr-si-suicida-2546855








