Riccardo Muti ha parlato in un’intervista sulle pagine de Il Giornale. Il risultato è un appello accorato alle istituzioni, a favore di un settore, quello culturale, che è chiuso da più di un anno.
«Apriteli questi benedetti teatri. Non lo dico per me. Io la carriera l’ho fatta. Mi riferisco alla mancanza di cibo spirituale e culturale di cui soffriranno le generazioni future. Così portiamo il nostro Paese allo sbaraglio. Non si muore solo di fame e di Covid. L’assenza di cibo spirituale e culturale porta alla morte psichica, alla morte della società».
Il direttore d’orchestra è, in questi giorni, al teatro Donizetti di Bergamo per registrare il concerto che andrà in streaming il 21 marzo sulla piattaforma di Bper Banca, quindi su quella del Ravenna Festival.
«Bergamo è il simbolo di questa tragedia e la nostra presenza vuole esprimere vicinanza alla città e a quanti soffrono per la pandemia. Era doveroso esserci e in particolare con la Sinfonia Eroica di Beethoven, partitura che abbiamo sempre eseguito nei luoghi e occasioni di tragedie e in situazioni drammatiche. Bergamo è poi fortemente musicale, basta fare i nomi di Gaetano Donizetti e di Gianandrea Gavazzeni».
Muti, poi, andrà «in Giappone per l’Italian Opera Academy di Tokyo. Saranno tanti i ragazzi che con partitura e mascherina verranno al mio corso su Macbeth. Perché in Italia questo non si fa? Qualcuno ha forse dimostrato che è pericoloso stare seduti a tre metri di distanza? I teatri sono luoghi sicuri. La gente entra con mascherina, siede a distanza, durante lo spettacolo non parla. Dove sta il pericolo? Il vero rischio è un altro. Chiudendo cinema e teatri stiamo uccidendo una generazione da un punto di vista culturale. Il Paese vedrà le conseguenze di tutto questo in futuro perché quando hai perduto tempo in assenza di cultura poi non risali la china».
In chiusura, Muti si augura che l’Italia si avvicini presto al livello di vaccinazione di Stati Uniti e Israele. «Vorrei che tutti fossimo vaccinati il prima possibile come sta accadendo in Israele o Usa, non entro nel dibattito perché non è il mio campo, però siamo troppo lenti e ci sono troppe polemiche».








