Alla luce dei dazi, il 60% delle Pmi esportatrici sta valutando di riorientare le proprie vendite verso mercati intra-Ue, alla ricerca di una maggiore stabilità operativa.
Ci sono, dunque, quattro piccole e medie imprese su dieci (40%) che rischiano di essere colpite dai dazi se non riusciranno a sostituire i volumi persi.
È quanto rileva una ricerca condotta da I-AER (Institute of Applied Economic Research) su un campione di 549 imprese italiane attive nei principali comparti di manifattura, commercio e servizi.
Un dato che restituisce un quadro di progressivo riposizionamento strategico nel nuovo scenario globale.
Il 29% delle imprese ha dovuto rivedere margini e listini per assorbire l’aumento dei costi di input e l’incertezza legata alle nuove norme; il 14% riporta un calo significativo di ordini e fatturato, in particolare nei comparti metallurgico, meccanico e agroalimentare.
L’apertura al mercato estero non è però priva di rischi.
Nell’avviare nuove relazioni commerciali, molte Pmi segnalano la presenza di diversi ostacoli strutturali.
In primo luogo, la scarsa conoscenza dei contesti locali, indicata dal 55% delle imprese intervistate.
Segue la difficoltà nel reperire partner o distributori affidabili, segnalata dal 46%.
Un ulteriore 36% evidenzia la complessità delle normative e delle barriere doganali, mentre il 27% teme la concorrenza aggressiva dei player internazionali.








